La fase napoleonica

Palazzo dei Dodici – spaccato – part. – Bombicci – ASPi

La fase napoleonica

In Toscana, come nel resto della Penisola, furono tumultuosi gli anni che caddero sotto la stella di Napoleone Bonaparte. Il generale francese fece il suo ingresso trionfale in Firenze il 30 giugno 1796, occupando di fatto il Granducato senza tuttavia spodestare il governo in carica: Ferdinando III di Lorena prenderà infatti la via dell’esilio solo tre anni più tardi, nel marzo 1799. Pochi mesi dopo, nel luglio di quell’anno, una coalizione europea formata da forze russe e austriache, coadiuvate da insorti sanfedisti aretini, riuscì a scalzare l’occupazione francese. Ma fu una vittoria momentanea: nel 1801 Napoleone riuscì nuovamente a porre sotto il proprio controllo la Toscana: Ferdinando III fu costretto all’abdicazione, il Granducato soppresso e al suo posto fu istituito, con il trattato di Lunéville del 9 febbraio 1801, uno stato satellite: il Regno d’Etruria, retto da membri dinastici della famiglia Borbone. Anche questa realtà sarà tuttavia destinata a vita breve: il 14 dicembre 1807 vi fu un simbolico passaggio di consegne tra Maria Luisa di Borbone, regina d’Etruria, e il generale Honoré Charles Reille, plenipotenziario francese incaricato di prendere possesso della Toscana a nome di Napoleone. La fase propriamente napoleonica durò per Pisa e la Toscana dal 1808 al 1813-1814, includendo al suo interno alcuni passaggi di potere formali più che sostanziali.

A seguito di una poderosa ristrutturazione amministrativa, Pisa si trovò inserita all’interno del Dipartimento del Mediterraneo (uno dei tre distretti in cui fu suddivisa la Toscana), assieme a Livorno e Volterra. Sebbene l’esercito napoleonico fosse percepito – in particolare durante la prima occupazione – come ‘l’incarnazione dell’Anticristo’, la città accolse senza eccessivi turbamenti l’avvicendamento che aveva condotto al dominio francese, come conferma, ad esempio, la sostanziale stabilità della demografia municipale: i censimenti delle 22 parrocchie cittadine segnalano infatti una popolazione che oscilla dai 17105 abitanti del 1808 ai 16993 del 1813.

Piazza dei Cavalieri costituiva una sorta di enclave all’interno della città: essa era infatti la più piccola circoscrizione ecclesiastica urbana e la sua area ricadeva amministrativamente nelle pertinenze della chiesa dell’Ordine, ovvero Santo Stefano dei Cavalieri. Al principio della stagione napoleonica (1808) contava solo 72 residenti, in gran parte personale facente capo all’istituzione stefaniana. Ma proprio quest’area e i suoi immediati dintorni furono sottoposti a grandi rivolgimenti nel giro di un solo lustro. Anzitutto, l’amministrazione francese si profuse in opere di viabilità ed edilizia pubblica: tra il 1809 e il 1813 il cantone di Santa Maria (al cui interno è situata Piazza dei Cavalieri) vide l’istallazione dei primi lampioni a olio; al contempo si procedette alla segnalazione dei nomi delle strade cittadine, con l’apposizione di una targa con tinta a olio color nero per i numeri delle abitazioni. I documenti d’archivio consentono altresì di porre accanto a interventi chiaramente migliorativi, problematiche di vita quotidiana ancora da sanare poco fuori da quest’isola felice: nel settembre 1811 il cittadino Michele Tempesti denunciava la grave carenza d’igiene nel vicolo chiuso di Via Tavoleria, a pochi passi dalla Piazza, mentre continui infrazioni all’ordine pubblico provenivano dalle ben sei sale da biliardo situate nelle vicinanze del Palazzo della Carovana. La quiete della piazza era dunque assediata da una febbrile vita cittadina.

Nei brevi anni napoleonici cade pure un atto che avrebbe rivoluzionato per sempre la storia pisana e in particolare della piazza: con decreto imperiale del 9 aprile 1809 veniva soppresso l’Ordine dei Cavalieri. Si provvide a definire anche il destino degli immobili: la chiesa conventuale di Santo Stefano doveva essere consegnata al vicario vescovile e ricadere quindi sotto la giurisdizione ecclesiastica della diocesi; il Palazzo della Carovana liberato dell’intero mobilio e messo a disposizione delle truppe francesi di passaggio e dei paggi della neonominata granduchessa Elisa Bonaparte Baciocchi; il Palazzo della Canonica posto all’incanto (ma la vibrata protesta dei Cavalieri ne bloccò l’iter); il Palazzo del Consiglio (oggi Palazzo dei Dodici) e del Bonomo (oggi dell’Orologio) passarono al Demanio, mentre il Puteano fu svuotato della sua funzione di convitto: i (pochi) pensionanti furono trasferiti (assieme agli studenti di tutte le altre strutture residenziali pisane) nel collegio di San Silvestro (sede dell’appena istituita Scuola Normale). Nel 1810 si pensò poi di destinare il Palazzo dei Dodici a sede del tribunale civile di prima istanza, mentre l’anno successivo il Palazzo della Carovana ospitò la corte criminale.

 

Copyright:
Foto di Giuseppe Maltana. Su concessione del Ministero della Cultura – Direzione generale Archivi. Con divieto di ulteriore riproduzione o diffusione
Palazzo dei Dodici – spaccato – Bombicci – ASPi
Roberto Bombicci, Spaccato del Palazzo del Consiglio dei Dodici e della Cancelleria, 1809. Pisa, Archivio di Stato di Pisa, Fiumi e Fossi, Carte topografiche n. 3 (IV)

Nel 1810, già prima dell’alienazione a privati, l’Orologio venne parcellizzato in abitazioni a uso civile e ceduto a canone d’affitto: un documento proveniente dall’archivio della comunità ebraica pisana dà contezza dei locatarî: compaiono, tra gli altri, il rettore dell’accademia imperiale Beniamino Sproni e consorte; il procuratore della corte criminale Sebastiano Pini, nonché Angiolo Taddei, in cui va riconosciuto l’omonimo mercante e ricco possidente pisano. Ne emerge il profilo di un’élite cittadina legata a doppio filo al nuovo regime; mentre in Canonica continuavano a risiedere chierici stefaniani ormai pensionati, alcuni studenti e servitori.

Piazza dei Cavalieri divenne dunque sotto il dominio napoleonico un importante centro amministrativo, nonché una delle sedi di prestigio della classe dirigente pisana. Ma non solo: essa mantenne anche un’importante funzione simbolica. Il nuovo regime francese cominciò per tempo a istituire una serie di festività e ricorrenze su tutto il territorio imperiale per aggiogare a sé le popolazioni locali. Gli appuntamenti più importanti dell’anno erano due: la festa di San Napoleone (sic), che un decreto imperiale del 19 febbraio 1806 aveva istituito il 15 agosto (con discreto sprezzo del ridicolo) e le celebrazioni dell’incoronazione e della vittoria di Austerlitz da tenersi la prima domenica di dicembre. La festa di San Napoleone andava a sostituire le antiche celebrazioni dell’Assunta, molto sentite in Pisa: in tale occasione le campane della chiesa di Santo Stefano (come tutte le altre del Comune) dovevano suonare a festa, mentre all’interno si celebrava un Te Deum in onore dell’imperatore. Sulla piazza, almeno prima del loro scioglimento, è possibile immaginare il radunarsi dei Cavalieri dell’Ordine in alta uniforme, in procinto di raggiungere il corteo programmato che li avrebbe condotti, assieme agli alti funzionari del Comune, nella Primaziale per la messa solenne. Altro momento di grande rilievo che coinvolse la Piazza nei brevi anni del dominio napoleonico fu l’annuncio dell’‘elezione’ di Elisa Bonaparte al titolo di granduchessa di Toscana a seguito del decreto imperiale del 3 marzo 1809. Il 23 seguente, il viceprefetto di Pisa Giovan Battista Nomi ordinò al maire di affiggere il testo del decreto nelle più importanti arterie cittadine; il 2 aprile il sottoprefetto stesso, insieme al maire e a tutti i funzionari civili e militari si recò in Piazza dei Cavalieri (assieme alle altre più importanti piazze della città), fece leggere a gran voce dal segretario sottoprefettizio il decreto e lo fece affiggere.

Anche in età napoleonica, così ricca di sconvolgimenti, Piazza dei Cavalieri resta una piccola enclave, cuore pulsante all’interno di una città che cambia.

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