Dante Alighieri

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Dante Alighieri

[1265-1321]

Dante Alighieri (Firenze, 1265-Ravenna, 1321). Padre della lingua e della cultura italiana. Quando ha notizia della tragica morte del conte Ugolino della Gherardesca e dei suoi familiari avvenuta nel 1289, Dante ha appena 24 anni. Ha da poco iniziato la sua carriera di poeta (ha ancora all’attivo poche liriche): tutte le opere maggiori, compresa la composizione della giovanile Vita Nova, sono di là da venire, sebbene presenti già un profilo culturale «del tutto inusitato per un fiorentino». Pochissime le notizie certe sulla sua vita e in particolare sugli anni dell’apprendistato. Un sonetto trascritto dal notaio Enrichetto delle Querce nel suo memoriale induce a ritenere plausibile un passaggio di Dante a Bologna nel 1287 (attirato, come congettura Marco Santagata, dallo Studio cittadino) prima di tornare nella sua Firenze. È qui, in questa fase, che incontra probabilmente Nino Visconti (instaurando una lunga amicizia sugellata dalla menzione in Purgatorio, VIII, 43-84), il duumviro che assieme al nonno Ugolino governò Pisa dal 1284 al 30 giugno del 1288, quando fu scalzato da una rivolta popolare capeggiata dall’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini assieme a una cordata di famiglie ghibelline.

L’anno successivo (1289) Dante militerà prima tra le fila dei guelfi fiorentini contro i ghibellini aretini nella vittoriosa battaglia di Campaldino (11 giugno) e poco dopo ancora nella guerra contro il comune di Pisa oramai ultimo baluardo del ‘partito’ ghibellino in Toscana. A capo degli eserciti guelfi durante gli scontri di Caprona del 16 agosto ai quali partecipa il poeta è proprio Nino Visconti. Ugolino e i suoi familiari erano morti da circa sei mesi, presi per fame nella Torre della Muda. Non è improbabile immaginare allora che Dante venisse aggiornato sulla condizione personale del conte e in generale sulla situazione politica pisana proprio dal fuoriuscito Visconti o dai suoi sodali. Possiamo solo congetturare l’impressione che poté sortire il racconto sul giovane poeta che rielaborerà l’episodio, anni più tardi (probabilmente attorno al 1309), nei versi memorabili del XXXIII canto dell’Inferno. In esso, Dante non risparmia nessuno dei protagonisti della terribile vicenda: l’arcivescovo Ruggieri, sul quale il poeta si scaglia con maggiore furia, conficcato nel ghiaccio del lago Cocito, con il teschio roso dalla bocca di Ugolino; ma lo stesso Ugolino compare tra i dannati a espiare una grave colpa di tradimento che non riguarda la presunta antropofagia, quanto piuttosto la profonda ambiguità della sua azione politica. Ecco allora che l’intera invettiva contro Pisa, che conclude l’episodio incentrato su Ugolino (vv. 79-90) si inserisce nella critica che Dante avanza alla violenza dello scontro politico che andava avanti nella città toscana e in generale in un’Italia incendiata dal conflitto tra fazioni.

Una recente letteratura critica ipotizza inoltre che il rapporto del poeta fiorentino con la Repubblica pisana non si esaurisca con l’esperienza di Caprona. Nel novembre 1301 i guelfi di parte nera prendono il potere a Firenze, con il sostegno di Carlo di Valois e Bonifacio VIII. Dante apprende la notizia probabilmente durante il viaggio di ritorno dall’ambasceria che aveva compiuto per conto della sua città presso il papa. In qualità di priore di parte bianca (nel bimestre 15 giugno-14 agosto 1300) e come ‘savio’, il poeta aveva partecipato ai massimi vertici delle magistrature comunali ed era perfettamente conscio che si sarebbe abbattuta su di lui la vendetta della fazione avversaria. Cosa che avvenne, in forme pseudo-legali, nel gennaio 1302. Rifiutando di comparire davanti al nuovo podestà per difendersi dalle accuse di compravendita di cariche pubbliche e malversazione che la curia podestarile aveva mosso al suo operato, Dante venne condannato in contumacia. Comincia così un lungo esilio, dal quale non farà mai ritorno. Non si conoscono tutti i dettagli del variegato itinerario compiuto dal poeta attraverso le corti della Lunigiana e dell’Italia settentrionale. Tuttavia, secondo ipotesi avanzate a inizio Novecento da Guido Mazzoni e riprese recentemente da autorevoli studiosi come Marco Santagata, non è da escludere la possibilità che Dante avesse soggiornato proprio a Pisa dal 1311 fino al 1316, attirato dall’arrivo nella città toscana dell’imperatore Enrico (o Arrigo) VII di Lussemburgo, in cui il poeta fiorentino riponeva le speranze di ordine in un’Italia pacificata e sottratta al giogo della Chiesa (vedi Dante, Paradiso, XXX, 133-148). La presenza di Dante, autore della celebre invettiva contro Pisa contenuta nel XXXIII dell’Inferno, diventa peraltro plausibile solo se posta sotto la tutela della corte regale.

Al di là delle opportune precisazioni cronologiche, l’ipotesi di una permanenza di Dante a Pisa attorno al 1312 è senz’altro suggestiva.  Durante tale soggiorno, il poeta poté vedere (forse per la prima volta) i luoghi descritti nel poema. Ma la città cambia volto: la stessa Torre della Muda, a seguito di interventi posteriori all’incarcerazione di Ugolino, subisce modifiche significative. E chissà se la piazza, inondata dal sole agostano e imbandierata con i vessilli del comune e del potestà durante le celebrazioni della festa dell’Ascensione, non poté non sortire un effetto di straniamento nel poeta che immaginò quegli stessi luoghi quale centro della tragedia umana e (ultraterrena) di Ugolino.

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Note:

Bronzo, fusione, 67,8 mm

Copyright:
Public Domain. Courtesy National Gallery of Art, Washington, DC
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