Il dominio fiorentino

Dominio fiorentino – testata – TARTARELLI_PALAZZO CAPPONI_2022 (4)

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Il dominio fiorentino

Quando l’ultimo signore di Pisa, Iacopo d’Appiano, cede per tramite del figlio Gherardo Pisa a Gian Galeazzo Visconti signore di Milano, la stagione dell’autonomia dell’antica Repubblica può dirsi conclusa. Siamo nel 1399. Alla morte del Visconti nel 1402, si riapre una breve parentesi di indipendenza (durata non più di un anno), subito richiusasi con l’intervento fiorentino. A seguito di una complessa operazione che implicò il benestare di diverse potenze coinvolte (da Genova alla Francia), Firenze poté procedere a un’annessione militare dei nuovi domini cui seguì una decisa resistenza pisana. La campagna durò dal 31 agosto 1405 al 6 agosto dell’anno successivo, quando a seguito di un accordo segreto tra Giovanni Gambacorti e la controparte fiorentina (tra cui un ruolo di prim’ordine svolse Gino Capponi) le truppe assedianti furono fatte accedere all’interno da Porta San Marco. Capponi, a comando dell’esercito, riuscì ad ottenere dai suoi uomini un’occupazione ordinata, evitando saccheggi e scorrerie.

Di straordinario valore storico e artistico, il fronte di un cassone prodotto probabilmente tra il 1443 e il 1465 e attualmente conservato presso la National Gallery di Dublino, riporta con dovizia di particolari diversi episodi salienti dell’assedio; come pure degni di menzione sono i Capitoli dell’acquisto che fé il comune di Firenze, di Pisa di Giovanni di Ser Piero, in cui si raccontano i fatti del 1406 nel modulo della terza rima dantesca.

Note:

Fronte di cassone, 0,61 x 205 cm

Copyright:
Creative Commons Attribution 4.0 International License. Public domain.
Dominio fiorentino – prima immagine – NGI – NGI.780
Anonimo fiorentino, La presa di Pisa, 1465-1470 ca. Dublino, National Gallery of Ireland, inv. NGI.780

La conquista di Pisa rappresentò per Firenze un punto di svolta. La città, dotata di immensi capitali, era infatti sprovvista di un sistema logistico in grado di consentigli accesso diretto al Tirreno settentrionale: fu la stessa Pisa nel 1399, proprio durante la signoria dei Visconti, ad interdire il suo porto al commercio fiorentino. Per la città toscana era dunque necessario trovare uno sbocco sicuro: la conquista di Pisa, assieme al successivo (1421) possesso di Livorno, le garantirono un’ampia proiezione sul mare, sostituendo di fatto il ruolo di Pisa come attore commerciale nel Mediterraneo. L’espansione territoriale garantì inoltre a Firenze un netto predominio sull’intera Toscana, assurgendo così al ruolo di potenza regionale indiscussa.

Per Pisa, al contrario, il dominio fiorentino coincise con l’inizio di una profonda fase di crisi. Come riporta Giuseppe Petralia, i nuovi signori non riconobbero alcuno spazio negoziale e di autonomia alla città, mentre le antiche istituzioni comunali perdettero ogni potere effettivo. La magistratura più importante della Repubblica, gli anziani del popolo, fu sostituita da un priorato; il controllo politico di Pisa passò nelle mani di un capitano e di un podestà eletto dall’oligarchia fiorentina, mentre il contado venne incluso de iure nei possessi territoriali fiorentini. Le entrate fiscali confluirono infine nelle casse dei nuovi dominatori. In tale mutamento, Piazza delle Sette Vie venne rifunzionalizzata alle esigenze istituzionali dei nuovi padroni: il corpo sinistro dell’attuale Palazzo dell’Orologio divenne sede del capitano di custodia e di balia, mentre il palazzo degli anziani ospitò dapprima i priori, per poi trasformarsi in sede del commissario di Pisa. In generale, tutte le strutture della città attraversarono una fase di profondo declino: Dino Frosini ricorda come in particolare la Torre della Fame fosse lasciata in questa fase in stato di completo abbandono.

Una tale rigidità di controllo, non prima adottata da Firenze, si imponeva per la mancanza di una base di sostegno interno da parte dell’antica oligarchia pisana. L’esito combinato di tale durezza fu l’espulsione e l’esilio volontario di ampi strati della nobiltà cittadina, ma anche dei ceti mercantili e artigiani, che diede avvio a una fase di grave spopolamento, come documentano per altro numerose fonti coeve e successive al XV secolo. Si assistette a una drammatica diaspora verso i centri maggiori della Penisola, in particolare Palermo, Napoli, Milano, Genova e Venezia, ma anche verso la Francia meridionale. Recenti studi hanno calcolato che in poco più di mezzo secolo (attorno agli anni sessanta del Quattrocento) la popolazione pisana decrebbe di oltre il 50%.

I Medici cercarono di risollevare le sorti di una città in profondo declino: nel 1472 Lorenzo il Magnifico riformò lo Studio Pisano (il centro universitario cittadino) e propose una politica fiscale ad hoc per attirare nuovi flussi migratori. Tuttavia, anche le successive riforme in fase granducale (la stessa fondazione dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano e la collocazione in Pisa del suo quartier generale voluta da Cosimo I de’ Medici si inseriscono in questa politica di recupero della città) non furono sufficienti ad arrestare una crisi che pareva irreversibile. La desolazione in cui versava la città almeno fino al XIX secolo è attestata persino dalle numerose testimonianze di visitatori che nei secoli ebbero modo di soggiornare a Pisa. La percezione era per altro aumentata dall’effettiva estensione dell’antico centro urbano, contornato dall’amplissima cerchia di mura che data dalla metà del XII secolo. A mero titolo esemplificativo (non poggiando la testimonianza su basi documentarie affidabili, ma su una semplice stima desunta da un resoconto di viaggio di Beniamino da Tudela), Ranieri Tempesti, nel suo discorso accademico tenuto all’Istituto Letterario di Pisa nel 1784 e oggi conservato all’Archivio di Stato di Pisa, stimava che tra il 1160-70 la città toscana ammontasse a circa 200.000 persone, rendendola di fatto una delle più popolose d’Europa.

Media gallery

Copyright:
Foto di Giandonato Tartarelli. Su gentile concessione di Lungarno Collection
Dominio fiorentino – testata – TARTARELLI_PALAZZO CAPPONI_2022 (4)
Note:

Fronte di cassone, 0,61 x 205 cm

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Creative Commons Attribution 4.0 International License. Public domain.
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