Nicola Pisano

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Nicola Pisano

Nicola Pisano nacque e si formò in un luogo e in un tempo imprecisati dalle fonti antiche, ma estraibili con discreta verosimiglianza da altri dati noti o dai raggiungimenti della critica più recente. Da ciò è infatti plausibile supporre che sia nato all’incirca nel secondo decennio del XIII secolo e in un’area dell’Italia meridionale entro i confini del prolifico regno di Federico II. Secondo la maggior parte della storiografia su di lui, con eccezioni sempre più rare, qui egli avrebbe anche ricevuto la sua educazione artistica, per la quale sono stati spesso richiamati all’attenzione, su tutti, gli episodi di Porta Capua e di Castel del Monte. Solo successivamente, al più tardi a metà del quinto decennio del Duecento, Nicola raggiunse il territorio toscano, dove lasciò le prime concordi tracce della sua attività scultorea a Piombino, nella fontana del Porto Antico, e a Siena, nel nascente cantiere del Duomo.

Verso il 1259 si considera, ormai all’unanimità, licenziato il pergamo esagonale del Battistero di Pisa, città che da questo momento in avanti Nicola avrebbe lasciato soltanto per temporanee spedizioni fuori porta dettate da importanti commissioni – a Lucca, per l’esecuzione dei rilievi istoriati del portale nord della Cattedrale di San Martino; a Pistoia, per lavori in San Giovanni Fuorcivitas e in San Francesco (già Santa Maria al Prato); di nuovo a Siena – e che gli valse perciò l’appellativo di Pisanus o De Pisis nelle testimonianze documentarie ed epigrafiche locali e coeve.

Nell’edizione Giuntina delle Vite (1568), Giorgio Vasari dedicò una doppia biografia a Nicola Pisano e al figlio Giovanni (circa 1248 – post 1314), identificandoli entrambi sia come scultori sia come architetti. Di Nicola leggiamo, quasi al principio della narrazione, che «fece in Pisa il Palazzo degl’Anziani Vecchio, oggi stato disfatto dal duca Cosimo per fare nel medesimo luogo, servendosi d’una parte del vecchio, el magnifico palazzo e convento della nuova Religione de’ Cavaglieri di Santo Stefano», alla qual cosa segue, di passaggio, un riferimento del trattatista alla sua stessa opera di ammodernamento del Palazzo della Carovana, attuata con un disegno «accomodato» sulle preesistenze medievali.

Non esistono prove certe circa la progettazione da parte di Nicola della sede della magistratura degli Anziani del Popolo in Piazza delle Sette Vie, il cui prospetto, come sappiamo dallo studio delle antiche fondamenta e delle altre strutture murarie pervenuteci, prese forma progressiva e irregolare, tra il XIII e la seconda metà del XIV secolo, dall’annessione di più case-torri adiacenti precedentemente erette in loco. Anzi, a giudicare da quanto conosciamo sulla storia evolutiva del palazzo e sull’avanzamento istituzionale del consiglio degli Anziani, pare improbabile che Nicola e la sua bottega potessero essere stati coinvolti nell’edificazione. Le fonti attestano che il collegio pisano, istituito nel 1254, assunse un’organizzazione consolidata e regolamentata da statuti solo a partire dal 1286 (stesura del Breve Pisani Populi et Compagnarum), in un momento in cui il complesso palaziale appariva ancora in piena fase di espansione, con l’inglobamento di nuove strutture private. A quell’altezza cronologica, l’artista senza dubbio non era più in vita.

È pur vero che la menzione scritta di un «palatium populi» anticipa, di poco (1261), tale circostanza: si doveva trattare di un nucleo più piccolo, progressivamente trasformato in una struttura che  sarebbe restata per lungo tempo disomogenea, tanto che nel medio Trecento risultava ancora distinto in due grandi parti: il «palagio vecchio» e quello «nuovo». Non è mancato chi ha sostenuto che il più antico dei due nuclei fosse proprio lo stabile imputato a Nicola da parte del biografo cinquecentesco, sebbene la supposizione non sia dimostrabile e, anzi, possa risultare semplicistica rispetto a quanto ricostruito sul piano archeologico negli ultimi decenni circa la composita storia costruttiva dell’edificio, che prese avvio almeno nel pieno XII secolo. In alternativa a costui, nel primo Novecento è stato avanzato il nome di Giovanni di Simone.

Nonostante tutto ciò, che Vasari abbia tramandato l’idea dell’autografia di Nicola per il palazzo pubblico di Pisa assume una certa rilevanza storiografica e culturale, se si considera che, da un lato e in generale, l’aretino ha ricostruito la sua personalità artistica molto più in qualità di architetto che di scultore e che, dall’altro, questo è l’unico emblematico caso di edilizia civica presente nell’esteso novero da lui formulato.

Seguendo l’ordine del racconto vasariano, tale incarico si collocherebbe all’interno di una lunga lista di progetti – destinati alla costruzione ex novo oppure all’ingrandimento o al restauro di palazzi e di chiese – affidati all’artista nella sua prima maturità tra Bologna, Firenze, Pistoia, Padova, Siena, Faenza, Volterra, Arezzo, Cortona e Viterbo. Non solo nessuna di queste fabbriche, tra le più rilevanti del periodo, è certamente attribuibile a suoi disegni o modelli, ma talune, al contrario, sono state escluse con sicurezza dall’ambito nicoliano; ciò ha portato sempre di più gli studiosi a concentrare l’attenzione in via quasi esclusiva sul suo operato plastico. Tuttavia, nel tempo sono state considerate alcune tracce che hanno fatto ipotizzare a certi studiosi un profilo di Nicola operoso anche sul versante architettonico. È il caso, ad esempio, del noto contratto stipulato coll’operaio fra Melano nel settembre 1265 per la realizzazione del pulpito ottagonale del Duomo di Siena, dove si legge che a Nicola sarebbero stati concessi dei periodici rientri a Pisa a causa del suo coinvolgimento nei lavori al Battistero e alla Cattedrale. O ancora, limitatamente a Pisa e ai cantieri elencati da Vasari, va sottolineato che è stata talvolta perseguita l’assegnazione a lui del campanile poligonale della chiesa di San Nicola, benché si tratti di una proposta non invalsa negli studi e in continua oscillazione con l’alternativa attribuzione a Deotisalvi. Di fatto, questi tentativi moderni godono di consensi più che parziali. Ma quanto contenuto nella biografia del 1568 merita senz’altro di essere valorizzato in relazione alla fortuna letteraria antica di Nicola Pisano architetto e alla specifica considerazione che lo storiografo dovette avere, più di due secoli e mezzo dopo, delle origini premoderne di quel palazzo su cui egli stesso s’era trovato ad operare da architetto, in rapporto al contesto edilizio gotico pisano e più ampiamente toscano: questo passaggio, come altri, è una manifestazione importante dell’attenzione vasariana per il Medioevo che si riscontra nel cantiere delle Vite.

Così come per la nascita, anche la data e il luogo di morte di Nicola sono avvolti nell’incertezza. La sua opera documentata più tarda fu la Fontana Maggiore nella piazza principale di Perugia, firmata col figlio Giovanni nel 1278; dopodiché, si conserva un’ultima testimonianza archivistica pisana, risalente al 13 marzo 1284, dalla quale apprendiamo che l’artista risultava in quella data defunto.

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Foto di Giandonato Tartarelli. ©️ Scuola Normale Superiore
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