Nel 1494, all’alba dell’età moderna, Pisa ritrova la libertà che aveva perduto nel 1406, a seguito della conquista fiorentina. Con la calata di Carlo VIII re di Francia verso Napoli, il delicato equilibrio tra gli stati italiani va in frantumi, aprendo una stagione di crisi profonda. Si tratta di una finestra di breve respiro: nel 1509, Firenze si reimpossessa dei vecchi domini e Pisa, dopo una strenua quanto velleitaria resistenza, è costretta a capitolare. È la conclusione (questa volta definitiva) della sua plurisecolare storia di indipendenza. Al di là di riassetti istituzionali più o meno profondi, con la nascita del granducato nel 1569 e l’avvicendamento delle case regnanti (Medici prima, poi i Lorena), per tutta l’età moderna Pisa farà parte dello stato regionale di Toscana, di cui Firenze costituisce il fulcro.
È possibile proporre una partizione della storia pisana nello stato a guida fiorentina in un prima e dopo Cosimo I de’ Medici. La prima fase di dominio si rivelò particolarmente aspra. La città fu sottoposta a un forte drenaggio di risorse a favore del centro maggiore; a ciò si aggiunse un drammatico processo di spopolamento che riguardò primariamente le élites cittadine. In tale situazione, le infrastrutture e in generale lo stato dell’edilizia attraversarono una fase di ristagno e declino. Piazza dei Cavalieri, l’antico simbolo delle libertà comunali, divenne il centro politico dei nuovi dominatori: il Palazzo degli Anziani si trasformò in sede dei priori, mentre il Palazzo del Capitano del Popolo ospitò la nuova magistratura del capitano di balia. Come ricordano Dino Frosini e Ewa Karwacka Codini, l’edificio della Torre della Fame attraversò una fase di totale abbandono, testimoniata dal letterato veneto Trifon Gabriele, che tra gli anni venti e quaranta del Cinquecento ricordava come la struttura fosse «poco men che ruinata».
Con Cosimo I il corso della politica ‘fiorentina’ muta drasticamente, cominciando a direzionarsi verso un’idea di stato regionale che costituirà l’ossatura dell’intera storia del granducato. In tale ottica Pisa è destinata ad assumere una nuova centralità strategica. Cosimo valorizza l’antica vocazione marittima della città; dispone politiche concrete per il ripopolamento urbano e del contado; riapre e potenzia l’antico polo universitario locale. Per la storia della piazza l’impatto delle sue politiche sarà rimarchevole: imponendo il trasloco del complesso politico-amministrativo della città (che si trasferirà, almeno simbolicamente, nel palazzo ducale affacciato sui lungarni), trasforma Piazza delle Sette Vie nel quartier generale del neonato Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, affidandone nel 1562 l’impresa di trasformazione a Giorgio Vasari che ne farà a sua volta un capolavoro di intelligenza architettonica. La caotica e spuria complessità medievale sarà sostituita (seppure nel corso di anni e dell’opera di tre granduchi) da un apparato scenico omogeneo e regolare, atto a celebrare la potenza unificante e apollinea della casata medicea. La riuscita di tale operazione sarà sanzionata dalle testimonianze dei visitatori europei che nel corso dell’età moderna faranno della piazza un polo di attrazione capace di contendere il primato della vicina Piazza dei Miracoli. Da spazio di contesa e di protesta, di decisione politica o di semplice vita feriale, la piazza si isola in questa fase dagli usuali commerci cittadini. Non del tutto, però: ospiterà ancora processioni religiose, fastose celebrazioni di vittorie militari dell’Ordine, giochi urbani e i trionfali ingressi in città dei granduchi e della loro corte.
Nonostante il passaggio dinastico dai Medici ai Lorena (1737), Pisa preserva la propria centralità nelle politiche granducali. Se da un lato, in effetti, il suo ruolo strategico recede a favore di Livorno (in particolare si ridimensiona vistosamente la funzione dell’Ordine di Santo Stefano), al contrario si rafforza il prestigio del polo universitario locale. All’interno di tale rifunzionalizzazione, Piazza dei Cavalieri viene sottoposta prima con Francesco II ad un intervento di ristrutturazione; successivamente, con Pietro Leopoldo, il Palazzo della Carovana, con la perdita della funzione militare dell’Ordine, si trasforma a partire dal 1775 in un centro per la formazione culturale delle élites toscane. Si tratta di un passaggio che, alle soglie dell’età moderna (sebbene non proseguito dal suo successore, Ferdinando III) prefigura la vocazione accademica delle strutture che si affacciano su Piazza dei Cavalieri e che sarà pienamente sfruttata solo a partire dal XIX secolo.
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