Il Collegio degli anziani del popolo risulta attivo a Pisa prima del 1237. In conseguenza della vittoria del Popolo sulla Nobiltà, tuttavia, durante la metà degli anni cinquanta del Duecento (1254-1256), l’intero assetto delle magistrature pisane (gli istituti politici e amministrativi incaricati di gestire la vita della Repubblica) subisce una profonda riconfigurazione: da tale soglia la magistratura degli anziani diviene il cuore politico della città.
Sebbene almeno fino ai primi anni del XIV secolo non vi fosse una procedura rigida di elezione, dal Brevi populi Pisani del 1286 (un antico statuto della città che disciplinava, tra le altre cose, le procedure istituzionali) si deduce che il collegio era composto da dodici anziani, ripartiti per quartieri e per caratura professionale. Ad ognuno dei quattro quartieri in cui era divisa anticamente la città (Fuoriporta, Kinzica, Ponte e Mezzo) era riservata l’elezione di tre membri; almeno uno di questi doveva essere iscritto alle arti maggiori (ad esempio: notai, speziali, pellicciai e altre), mentre gli altri due erano selezionati tra i cosiddetti ‘populares non artefices’ (mercanti, esponenti dell’ordine del mare e dell’arte della lana). Data la natura popolare dell’istituzione, da essa era esclusa l’elezione di membri della nobiltà. Nella sua prima configurazione, la carica durava due mesi: dieci giorni prima della scadenza del mandato il Capitano del Popolo convocava il Consiglio del popolo che deliberava di volta in volta sulla modalità di elezione (era escluso tuttavia il sorteggio).
Nel corso degli anni, diverse furono le riforme che interessarono specifici aspetti del funzionamento del Collegio. La prima di rilievo risale al 1307. Questa diede un assetto alla magistratura che perdurò fino alla conquista fiorentina del 1406. In essa si affrontano alcuni aspetti del regolamento, come la necessità di dare continuità di governo ‘imborsando’ un numero di eletti atto a coprire fino a nove bimestri. Ma, soprattutto, risulta ampiamente rafforzato il potere dell’élite mercantile, che aveva stabilito una forma surrettizia di ‘consenso preventivo’ sugli anziani eleggibili, mentre diminuisce il peso degli artefices, che non potevano essere più di quattro, da spartirsi tra le sette arti. Le riforme susseguitesi (di particolare importanza è il periodo di priorato di Uguccione della Faggiola tra il 1313 e il 1316; gli interventi del 1345 e quelle introdotte da Giovanni Dell’Agnello tra il 1364 e il 1368) non erano solo tese a modificare aspetti secondari della vita del collegio (il numero dei membri, le modalità di elezioni, l’obbligo di dimora degli anziani presso il palazzo della magistratura ovvero il Palazzo degli Anziani, trasformato nel Cinquecento nel Palazzo della Carovana), ma mirarono a plasmarne di volta in volta le funzioni e le prerogative in base agli assetti di potere che si imponevano nella Repubblica. Emblematico è in tal senso quanto avvenne tra il 1348 e il 1355, dove i massimi esponenti dello schieramento egemone (il partito bergolino) trasformarono la magistratura degli anziani in un sistema di gestione del potere grazie all’elezione sistematica di propri affiliati o alla concessione di calcolate forme di partecipazione agli avversari.
Rispetto alle funzioni e ai compiti degli anziani, è ampiamente accertato che questi andarono a comporre l’organo di governo di gran lunga più importante della Repubblica: esso aveva cura degli affari interni e dei rapporti di Pisa con l’estero. Nominava gli alti funzionari dello stato e gli ambasciatori. Organizzava la vita civile e in parte, in un processo di continua dialettica con le prerogative arcivescovili, quella religiosa della comunità attraverso feste, cerimonie, processioni. Come icasticamente ricorda Antonio Abruzzese: gli anziani «avevano quell’autorità e godevano di quegli amplissimi poteri, di cui godono, sotto un certo rispetto, i ministri di Stato nelle moderne monarchie costituzionali». Il Collegio anzianile non aveva potere legiferativo ma aveva altresì il compito di presentare proposte di legge che venivano poi, obbligatoriamente, sottoposte a votazione nel Consiglio del popolo, convocato dal Podestà. Con l’inizio della conquista fiorentina nel 1406 la magistratura verrà rimpiazzata da un collegio di priori selezionato dai nuovi dominatori.
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