Originario di Settignano, Stoldo Lorenzi nacque intorno al 1533-1534 da Gino di Antonio.
Raffaello Borghini ne ricorda l’apprendistato presso il pittore Girolamo Macchietti che, secondo Hildegard Utz, si inquadra nel contesto della bottega di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio. Successivamente scelse di dedicarsi alla scultura frequentando presumibilmente, insieme al fratello Antonio, oltre che la bottega del padre, quella di Niccolò Tribolo.
Nel 1553-1554 fu attivo per i Medici, come aiuto del fratello, nella Villa dell’Olmo a Castello. I rapporti con Pisa furono mediati da Luca Martini, all’epoca provveditore dell’Ufficio delle Galee e dei Fiumi e Fossi. Il nobile e letterato fiorentino, veduta una statua di San Paolo (perduta) che Stoldo doveva inviare a Lisbona, lo invitò a raggiungerlo a Pisa, nella sua casa sul Lungarno, al posto del defunto Pierino da Vinci. Lorenzi eseguì per Martini due opere: una statua, probabilmente di soggetto mitologico o allegorico (perduta), donata a Eleonora di Toledo, che poi la inviò al fratello don García a Napoli; e un rilievo con Cosimo I che riceve l’omaggio della città di Firenze (Holkham Hall), realizzato a pendant del Cosimo I caccia i vizi da Pisa (Musei Vaticani), iniziato da Pierino e terminato da Lorenzi, il quale lavorò per Martini fino alla morte di quest’ultimo nel 1561. Quell’anno ricevette l’incarico di eseguire le figure dell’Annunziata e dell’Angelo per Santa Maria della Spina (oggi a Santa Chiara), che terminò solo nel 1566. L’angelo raffigurato senza ali potrebbe risentire dell’influenza iconografica di altre Annunciazioni pisane.
Nel 1562 prese parte al cantiere di Piazza dei Cavalieri realizzando nell’arco di due anni, su disegno di Vasari, lo stemma mediceo-stefaniano affiancato dalle figure della Religione e della Giustizia, al centro della facciata del Palazzo della Carovana. Contemporaneamente eseguì il primo degli stemmi dei Cavalieri – quello mediceo – già nel cosiddetto Salone delle Armi (oggi Sala Azzurra), stimato da David Fortini 16 scudi, scolpendone negli anni successivi più di cinquanta. Dalla metà del 1565 si divise tra Pisa e Firenze: qui partecipò all’esecuzione degli apparati effimeri per le nozze di Francesco I, realizzò intorno al 1568-1571 il Nettuno bronzeo per l’omonima fontana di Boboli, la Galatea, sempre in bronzo, per lo studiolo di Francesco I (Firenze, Palazzo Vecchio) e altre opere di attribuzione non unanime. Nel frattempo manteneva una bottega a Pisa, dove nel 1566 si impegnò a scolpire un monumento funebre per il napoletano Camillo Severino, senza che nulla si sappia circa la destinazione e l’effettiva realizzazione dell’opera.
Dal 1573 al 1581 si trasferì a Milano per lavorare alla decorazione scultorea di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso, sempre mantenendo rapporti con Pisa. Nel 1582 fece ritorno in città – aveva sposato tempo prima Violante di Giovan Battista Nervi, setaiolo e cittadino pisano –, dove fu attivo senza soluzione di continuità per la Fabbrica del Duomo, come ricorda lo stesso Borghini. Vi eseguì l’angelo ceroforo in bronzo a sinistra dell’altare maggiore e completò la decorazione della Cappella dell’Incoronata, lasciata incompiuta da Francesco Mosca. Lavorò dunque al rilievo con l’Assunzione della Vergine, ai due profeti entro nicchia, agli angeli nei pennacchi e al gruppo dell’Incoronazione della Vergine, senza che la critica sia riuscita a distinguere esattamente il suo apporto da quello del predecessore. Scolpì infine lo stemma mediceo per la facciata del Palazzo dell’Opera.
Morì a Pisa nei primi giorni di settembre del 1583; il 6 fu sepolto, come richiesto nel testamento, nella chiesa della Santissima Annunziata a Firenze.
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