Nato a Firenze nel 1567, don Giovanni era il figlio naturale del duca Cosimo de’ Medici e della sua amante Eleonora degli Albizzi. Deciso a riconoscerlo e legittimarlo, il padre – che aveva perso da poco il secondogenito cardinale Giovanni (di cui volle recuperare il nome), avuto dalla moglie Eleonora di Toledo e scomparso prematuramente neppure ventenne – gli assegnò subito alcuni possedimenti terrieri e un patrimonio di capitali fedecommissari in Spagna e Portogallo.
Dopo aver ricevuto l’educazione degna di un principe ed essendo stato inizialmente destinato dal fratellastro Francesco I al ruolo prelatizio, il giovane, sempre mostratosi ricettivo e versatile negli studi, manifestò tuttavia molto presto la volontà di intraprendere la carriera militare. Partecipò così in età precocissima ad alcune missioni diplomatiche, guidato e assistito da dignitari e tutori esperti, prendendo parte nel 1587 alla guerra delle Fiandre. Rientrato in Toscana, divenne consigliere e braccio destro del granduca Ferdinando I, che gli diede modo di applicarsi anche nella professione di architetto, al fianco di Bernardo Buontalenti e Alessandro Pieroni. Con questi ultimi, insieme o singolarmente, il Medici condivise vari lavori, in particolare a Livorno (fortificazioni cittadine e cantiere del Duomo) e a Firenze (Forte di Belvedere nell’Orto dei Pitti, Cappella dei Principi in San Lorenzo, poi messa in opera da lui solo, e partecipazione al concorso per la facciata di Santa Maria del Fiore).
A Pisa don Giovanni si occupò invece, con il supporto di Pieroni, dei lavori di restauro del Duomo, da lui sovrintesi dopo il rovinoso incendio del 1595, e del progetto della facciata della chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri, ideata in origine da Giorgio Vasari ma, sullo scorcio del secolo, non ancora messa in opera. Rispetto alla proposta dell’aretino (1567), egli delineò una struttura dall’aspetto più massiccio ed essenziale, pur recuperando dal predecessore la scansione a doppio ordine con arco centrale e le specchiature geometriche che decorano la parte bassa dell’edificio. Testimonianza delle fasi preparatorie del nuovo assetto sono un modello ligneo del 1593 (Pisa, Museo Nazionale di San Matteo, inv. 2177) e un disegno illustrativo (Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 2926 A) già assegnato a Buontalenti e poi allo stesso Giovanni, ma forse da ricondurre al fidato collaboratore di quest’ultimo, Alessandro Pieroni, a cui appartiene la grafia della nota inserita a corredo del foglio. Si tratta di una rapida riproposizione, ad uso operativo, dell’assetto architettonico ideato dal Medici da sottoporre al granduca Ferdinando I per la scelta dei marmi da utilizzare.
Grande intellettuale, amico e mecenate d’artisti, Giovanni coltivò nel corso della sua vita numerosi interessi e passioni, spaziando dalla letteratura alla scienza, dall’astrologia agli studi alchemici e alla medicina. Fu inoltre vicino, tra gli altri, a Galileo Galilei, che nel 1589 sostenne nell’ottenimento di una cattedra presso l’Università di Pisa, intrattenendo tuttavia con lo scienziato un rapporto controverso, costellato di tensioni e reciproci dissidi. Numerosi documenti ne attestano, inoltre, l’intensa attività istituzionale e diplomatica al servizio della corte, nonché i ricorrenti soggiorni pisani, che lo videro mittente e destinatario di lettere provenienti da tutta Europa e a volte anche organizzatore di eventi, come gli spettacoli di fuochi artificiali allestiti nel gennaio 1599 per omaggiare il passaggio in città del duca di Württemberg, o rappresentante del granduca nelle cerimonie di accoglienza riservate agli ambasciatori stranieri in visita a Ferdinando nei periodi di sosta pisana.
Nel 1609 il subentro di Cosimo II al defunto padre Ferdinando I nella guida del granducato fu in breve tempo foriero per don Giovanni di problemi e incomprensioni, che lo indussero a lasciare nuovamente la Toscana per tornare a dedicarsi all’attività militare. Si spostò quindi a Venezia, dove gli fu conferito il ruolo di governatore generale dell’esercito schierato in Friuli contro le milizie austriache, generando non poco imbarazzo nel casato mediceo, alleato di queste ultime. L’esito sfavorevole della missione friulana portò tuttavia Giovanni alla decisione di rinunciare definitivamente a ogni ruolo ufficiale e di ritirarsi a vita privata sull’isola di Murano, dove la morte lo colse nel 1621.
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