Leopoldo II di Toscana

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Leopoldo II di Toscana

[1797-1870]

Leopoldo II di Asburgo-Lorena nacque a Firenze il 3 ottobre 1797, terzogenito di Ferdinando III e di Luisa Maria di Borbone. Granduca di Toscana dal 1824 fino al 21 luglio 1859, fu de facto l’ultimo a ricoprire questo ruolo: il figlio Ferdinando IV resse infatti la carica solo formalmente, e per pochi mesi, prima dell’annessione del territorio al Regno d’Italia.

L’infanzia di Leopoldo II fu segnata dall’invasione francese della Toscana, che aveva costretto la famiglia granducale al trasferimento in Austria, dove rimase fino al crollo dell’impero napoleonico. Giovane colto, ma del tutto impreparato alla politica, egli salì al trono improvvisamente, alla morte del padre, dal quale ereditò la postura cauta e fondamentalmente conservatrice. La parabola politica e umana del granduca, cattolico fervente, amministratore pragmatico ma convinto della natura divina della sua missione, si sovrappone perfettamente a quella del Risorgimento italiano: tutti i trentacinque anni del suo governo furono caratterizzati dallo strenuo tentativo di mantenere in piedi l’assetto del granducato, contro le spinte democratiche e nazionaliste, in bilico «fra tricolore e aquila bicipite» (Franz Pesendorfer).

In una fase, per la Toscana, di fortissimo incremento demografico, Leopoldo II si dedicò alla promozione di interventi di ammodernamento su più fronti: la messa in atto di una cospicua opera di bonifica, soprattutto della Maremma; la costruzione di un moderno impianto stradale, di linee telegrafiche e di una fitta rete ferroviaria (nel 1844 a Pisa, concluso il primo tratto fra la città e Livorno, si inaugurò la Stazione Leopolda); un lento ma omogeneo sviluppo industriale.

A Pisa, Leopoldo II soggiornò frequentemente, soprattutto nei mesi freddi, già dai primi anni del suo governo. Il 24 marzo 1832, si spense in Palazzo Reale l’amatissima prima moglie Maria Anna Carolina di Sassonia, che aveva trascorso l’inverno in città sperando di trarne giovamento dalla tubercolosi. Complice la sua conoscenza del territorio, il granduca diede nuovo impulso allo sviluppo delle manifatture locali, soprattutto nel settore tessile, e deliberò radicali interventi di trasformazione edilizia e del reticolato urbano, a cominciare dal lastricamento delle vie principali, dall’allargamento dei Lungarni, dall’ammodernamento di edifici e luoghi di rappresentanza – si pensi a Piazza Santa Caterina, con il Monumento a Pietro Leopoldo inaugurato nel 1833 – e dal completo riallestimento del quartiere di San Francesco.

Sotto il governo di Leopoldo II, alcune importanti iniziative mutarono inoltre l’assetto dell’istruzione pubblica e delle istituzioni culturali pisane. Nel 1839, la scelta di Pisa come sede del primo Congresso degli scienziati italiani rappresentò un significativo momento di rilevanza internazionale per la città; la riforma universitaria del 1838-1841 apportò poi notevoli modernizzazioni, raddoppiando le facoltà, attraendo docenti e studenti e aumentando il prestigio dell’ateneo. Nel 1846, infine, Leopoldo II avviò il riordino generale delle scuole pubbliche; ma soprattutto, con un motu proprio granducale del 28 novembre, ripristinò la napoleonica Scuola Normale, collocandone la sede nel Palazzo della Carovana.

Il provvedimento giungeva al termine di una complessa interlocuzione con l’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, che sin dalla sua ricostituzione aveva cercato invano di recuperare la propria centralità prenapoleonica. In effetti il motu proprio del 1817, che riportava l’Ordine all’assetto della riforma del 1775, confermava alcune ambiguità, lasciando fra l’altro in sospeso la sorte della Carovana, antica sede dei corsi teorici dei Cavalieri, che già con l’intervento di Pietro Leopoldo aveva iniziato a profilarsi piuttosto come potenziale organo di formazione dei quadri statali. In questa direzione, e ignorando le varie proposte del fronte più conservatore dell’Ordine, Leopoldo II coinvolse nel progetto di riforma i membri più sensibili alle urgenze di rinnovamento: tra questi, nel 1845 il gran priore Francesco Vincenti e il gran cancelliere Giuseppe Bertacchi furono chiamati come rappresentanti dei Cavalieri di Santo Stefano nella commissione organizzativa della Normale. Quest’ultima fu dunque inaugurata il 15 novembre 1847, giorno onomastico del granduca, il quale venne per l’occasione celebrato con orazioni e componimenti poetici.

Nonostante l’effettiva riduzione del potere dei Cavalieri, la politica di Leopoldo II va intesa come tentativo residuale di modernizzazione di un’istituzione sempre meno attrattiva per la gioventù aristocratica toscana e ormai difficile da armonizzare ai nuovi profili statali. L’alta considerazione che il governatore riservava all’Ordine stefaniano è peraltro esplicitata dai numerosi ritratti che lo rappresentano in veste di gran maestro; uno di questi si trova oggi sullo scalone della Carovana. Nei suoi ricordi autobiografici, il granduca rammenta inoltre con orgoglio di aver nominato, nel 1855, il figlio Ferdinando «alla carica di gran contestabile o luogotenente del gran maestro»: un ruolo che gli permetteva di sovraintendere i lavori nella chiesa di Santo Stefano, «che voleva farsi più ampia e decorosa, da sola conventuale che era in origine, sul nobil disegno dell’architetto Pasquale Poccianti». La menzione del progetto architettonico è spia del coinvolgimento di Leopoldo II stesso nelle vicende dell’edificio sacro, dove si erano svolte, peraltro, le esequie di suo padre e della sua prima moglie. Ma il progetto di Poccianti, che già nel 1853 aveva ricevuto l’approvazione del granduca per trasformare i due corpi laterali in ali connesse alla navata atte a ospitare in chiave ‘museale’ il patrimonio storico dei Cavalieri, sarebbe proceduto con difficoltà e ritardi, senza mai venire ultimato.

Gli ultimi anni del granducato trascorsero, del resto, in un clima di crescente incertezza. Proprio all’indomani delle riforme, gli studenti pisani avevano partecipato attivamente ai moti del Quarantotto, culminati anche in Toscana con la promulgazione di una Costituzione: il 15 febbraio 1848, Leopoldo II firmava lo «Statuto fondamentale». Era il primo atto di una fase che vide il granduca inizialmente aperto a un compromesso liberal-moderato, con il governo di Gino Capponi fino all’ottobre e poi del democratico Giuseppe Montanelli, le tensioni col quale spinsero infine Leopoldo II ad abbandonare Firenze nel gennaio successivo. Com’è noto, rientrato in Toscana nel luglio 1849 dopo la repressione austriaca e ormai impermeabile alle mediazioni con i liberali, egli resse ancora il granducato per un decennio sotto l’egida dell’Impero. Il 27 aprile del 1859, Leopoldo abbandonò infine la Toscana, riparando a Vienna. Il 6 novembre l’Ordine di Santo Stefano fu sciolto dal governo provvisorio di Bettino Ricasoli. L’11-12 marzo successivi, a Pisa, proprio il Palazzo della Carovana ospitò il primo seggio del plebiscito che sancì l’annessione al Regno d’Italia. L’ex granduca morì dieci anni dopo, a Roma, il 29 gennaio 1870.

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