Matita nera, penna e acquerello marrone su carta, 475 x 375 mm
In alto a destra, a penna: «b.a 30 senza il pendio e il pendio viene a essere b.a 4 sarebbe tutto b.a 34»
Per una parte della critica il progetto di Giorgio Vasari per la facciata di Santo Stefano dei Cavalieri è identificabile nel disegno 2448 A conservato presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi.
Il foglio, forse noto a Giovanni de’ Medici, che a fine secolo avrebbe fornito il progetto definitivo, raffigura una facciata a due ordini sovrapposti, tripartita verticalmente. Le quattro paraste inferiori inquadrano il portale di ingresso e due specchiature policrome ai lati. Le paraste superiori, di ordine ionico, delimitano invece una grande finestra a edicola e due nicchie laterali, forse destinate a ospitare delle statue (sommarie tracce documentarie attestano, senza chiarirne l’esatta collocazione, che nel 1598 due statue in legno e gesso, rappresentanti san Benedetto e santo Stefano, furono in effetti collocate «per prova sui due piedistalli laterali della facciata»). Il coronamento – ispirato al progetto michelangiolesco per Porta Pia a Roma – presenta un sistema di timpani inscritti uno dentro l’altro: un grande frontone triangolare ne ingloba uno curvilineo, che a sua volta racchiude quello triangolare della finestra. L’arredo marmoreo è costituito da due vasi fiammeggianti e dalla statua del santo, mentre sul timpano sopra il portone di ingresso due angeli tra ghirlande di frutta sorreggono lo stemma mediceo.
Il disegno, precedentemente attribuito a Bernardo Buontalenti e connesso alla chiesa di Santa Trinita a Firenze, è stato ricondotto alla progettazione di Santo Stefano dei Cavalieri da Vera Daddi-Giovannozzi (1937). La studiosa lo considerava di autore ignoto ma probabile riflesso dell’originario progetto vasariano, menzionato in una lista di «Disegni, piante, proffili et modanature per modegli» inviata dall’artista stesso all’Ordine nel 1569 e ancora oggi conservata presso l’Archivio di Stato di Pisa. Una lettera, pubblicata da Karl Frey, fissa la datazione del disegno vasariano al 1567, quando si procedeva alla scelta dei marmi. Proprio questa operazione, rivelatasi costosa, potrebbe aver convinto Cosimo de’ Medici a rimandare l’impresa.
L’attribuzione a Vasari del foglio in esame è stata avanzata da Franco Paliaga (1980) in forza del rivestimento marmoreo colorato, corrispondente «al mischio colorito» (menzionato dall’architetto nella già citata lista) della finestra centrale, simile per forma a quelle in principio ideate per i fianchi della chiesa, e di diverse affinità con lo stile disegnativo dell’artista: il tratto mosso e nervoso, l’uso della penna e dell’acquarello marroni, adottati anche per i disegni preparatori dell’arredo della chiesa, e la tendenza a corredare gli studi di architettura con le indicazioni delle misure. La proposta, giudicata non convincente da Ewa Karwacka Codini (1989), è stata invece accolta da Claudia Conforti (1993), che ha sottolineato l’utilizzo condiviso dell’ordine ionico nel progetto della facciata e nel finestrato del campanile, in accordo con quanto dichiarato da Vasari circa la conformità dei due impianti decorativi.
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