Matita nera, penna e acquerello marrone su carta, 475 x 375 mm
In alto a destra, a penna: «b.a 30 senza il pendio e il pendio viene a essere b.a 4 sarebbe tutto b.a 34»
Per una parte della critica il progetto di Giorgio Vasari per la facciata di Santo Stefano dei Cavalieri è identificabile nel disegno 2448 A conservato presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi.
Il foglio raffigura una facciata a due ordini sovrapposti, tripartita verticalmente. Le quattro paraste inferiori inquadrano il portale di ingresso e due specchiature policrome ai lati. Le paraste superiori, di ordine ionico, delimitano invece una grande finestra a edicola e due nicchie laterali, forse destinate a ospitare delle statue. Il coronamento – ispirato al progetto michelangiolesco per Porta Pia a Roma – presenta un sistema di timpani inscritti uno dentro l’altro: un grande frontone triangolare ne ingloba uno curvilineo, che a sua volta racchiude quello triangolare della finestra. L’arredo marmoreo è costituito da due vasi fiammeggianti e dalla statua del santo, mentre sul timpano sopra il portone di ingresso due angeli tra ghirlande di frutta sorreggono lo stemma mediceo.
Il disegno, precedentemente attribuito a Bernardo Buontalenti e connesso alla chiesa di Santa Trinita a Firenze, è stata ricondotto alla progettazione della chiesa dei Cavalieri da Vera Daddi-Giovannozzi (1937). La studiosa lo considerava di autore ignoto ma probabile riflesso dell’originario progetto vasariano, menzionato nell’elenco di «Disegni et modegli et modani per la chiesa de’ Cavalieri di Santo Stefano in Pisa fatti da Giorgio Vasari», che si conserva nel fondo dell’Ordine presso l’Archivio di Stato di Pisa. Una lettera, pubblicata da Karl Frey, fissa la datazione del disegno vasariano al 1567, quando si procedeva alla scelta dei marmi. Proprio questa operazione, rivelatasi costosa, potrebbe aver convinto Cosimo I a rimandare l’impresa.
L’attribuzione a Vasari del foglio in esame è stata avanzata da Franco Paliaga (1980) in forza del rivestimento marmoreo colorato, corrispondente «al mischio colorito» (menzionato dall’architetto nella già citata lista) della finestra centrale, simile per forma a quelle usate sui fianchi della chiesa, e di diverse affinità con lo stile disegnativo dell’artista: il tratto mosso e nervoso, l’uso della penna e dell’acquarello marroni, adottati anche per i disegni preparatori dell’arredo della chiesa, e la tendenza a corredare gli studi di architettura con le indicazioni delle misure. La proposta, giudicata non convincente da Ewa Karwacka Codini (1989), è stata invece accolta da Claudia Conforti (1993), che ha sottolineato l’utilizzo condiviso dell’ordine ionico nel progetto della facciata e nel finestrato del campanile, in accordo con quanto dichiarato da Vasari circa la conformità dei due impianti decorativi.
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