Sita sul versante ovest di Piazza dei Cavalieri e inglobata nell’annesso blocco edilizio del Collegio Puteano, la piccola chiesa di San Rocco si innestò sulle strutture medievali di San Pietro in Cortevecchia, un edificio sacro documentato già dall’anno 1027 e più volte aggiornato e ampliato fino al 1550, quando risultava ancora isolato dalle vicine architetture.
Nel 1578 la chiesetta fu concessa alla Compagnia di San Rocco, che due anni più tardi vi dispose ulteriori lavori radicali: la pianta fu estesa verso la piazza antistante e dotata di un’abside e una cappella, entrambe di andamento rettangolare, che conferirono all’invaso quasi una forma di croce latina. La navata fu coperta da una volta a botte scandita da lunette, che più tardi vennero decorate con pitture, e già nel 1581, stando alla testimonianza secentesca di Paolo Tronci, l’edificio sacro, appena rinnovato, fu offerto ai canonici della Primaziale come residenza capitolare.
Tra il 1594 e il 1598 nell’area immediatamente adiacente, sfruttando spazi già appartenuti alla vicina San Sisto, si avviò con il patrocinio dell’Ordine di Santo Stefano la costruzione di altri edifici, a cui nei primissimi anni del Seicento (1603-1604 circa) fu annessa anche San Rocco, con lavori ingenti che si protrassero per quasi un decennio e che comportarono lo sviluppo in altezza della struttura per appararne il profilo alle case a schiera adiacenti: tra loro indipendenti ma appartenenti a un unico blocco edilizio, con una facciata esterna scandita in continuità da finestre disposte a intervalli regolari.
Il vano aggiunto al piano superiore fu adibito a oratorio della Compagnia. Le sottostanti pareti risultarono però non adatte a sostenerne il peso, tanto che già nel 1617 si rese necessario intervenire con l’aggiunta di nuovi archi di sostegno nella zona absidale. Intanto, nel 1607 il granduca Ferdinando I de’ Medici, in accordo con l’istituzione, aveva affidato all’architetto Cosimo Pugliani il progetto di una scala che collegasse i due livelli dell’edificio; questi propose in un primo momento l’innesto di una scala laterale esterna a doppia rampa che avrebbe congiunto lo spazio all’epoca esistente tra San Rocco e San Sisto, raddrizzando visivamente anche l’andamento del fianco della prima rispetto all’asse stradale, ma l’opera non fu realizzata, venendo sostituita nel 1612 da una seconda proposta progettuale consistente nell’aggiunta di un nuovo corpo di fabbrica triangolare disposto lateralmente, lungo l’attuale Via Corsica, che colmando lo sfalsamento in pianta tra le absidi di San Rocco e San Sisto le unisse in un unico corpo omogeneo. All’interno furono ricavate una cappella e il secondo ingresso di San Rocco, mentre la scala a due rampe per accedere all’oratorio fu aggiunta nel blocco edilizio di proprietà della Compagnia, dove pure trovarono posto, al piano terreno, una sagrestia e una camera mortuaria.
Nel 1751 Pandolfo Titi ricordava la «chiesina detta della Madonna di San Rocco», accennando alla presenza degli ambienti superiori che sarebbero serviti «per il servizio e per le abitazioni dei signori cavalieri anziani che si obbligano al servizio delle galere […] e furono fatti sul disegno che ne fece il prefato [Giorgio] Vasari, quali furono poi abbelliti con pitture».
Nel 1782, a seguito della soppressione della Compagnia di San Rocco, l’oratorio al piano superiore andò in disuso e fu venduto l’anno seguente al livornese Jacopo Coltellini, obbligato nei patti contrattuali a provvedere alle precarie condizioni statiche dell’ambiente con la costruzione di un contrappalco di rinforzo, da adibire a dormitorio. L’opera non fu mai eseguita, poiché successivi sopralluoghi tecnici garantirono la tenuta in sicurezza della volta, mentre nello stesso 1783 fu eretta una piccola cella campanaria, su disegno del pittore e muratore Giovanni Martinelli. Nel 1786 anche San Rocco andò incontro a soppressione: fu unita all’adiacente San Sisto e, spogliata degli arredi, venne destinata per intero a camera mortuaria, mentre gli spazi sul retro servirono a ingrandire l’ambiente adibito a sagrestia. Nel 1792 la Compagnia di San Rocco fu ripristinata come Confraternita e trovò nuovamente sede nella chiesa, ottenendo in concessione spazi già adibiti ad abitazione per ricollocarvi la sagrestia e trasferirvi la camera mortuaria.
Verso il 1810 la chiesa con le stanze a essa annesse fu ceduta alla Pia Casa di Misericordia per procedere all’ampliamento del Collegio Puteano. Le nuove modifiche ne compromisero ancora una volta le strutture. Nel 1842 l’assetto seicentesco dell’edificio, ancora riconoscibile in un disegno del 1838, di recente ricondotto alla mano della francese Adèle Poussielgue e conservato a Palazzo Blu, venne alterato con il completo rifacimento della facciata, smontata e ricostruita con più solidi muri, e con il tamponamento delle finestre che si aprivano al piano terra; la porta e la finestra centrali furono inoltre semplificate nelle forme e liberate da decorazioni. All’interno, lo spazio dell’oratorio fu articolato in due piani e suddiviso in varie stanze, aumentando così il sovraccarico sulle pareti e sulla volta della chiesa sottostante; nuovi lavori, stavolta di carattere prettamente decorativo, sono registrati anche nel 1899, in vista della riapertura della chiesa al culto.
Nel corso del Novecento l’assetto strutturale precario rese indispensabili ulteriori interventi per rafforzare la tenuta dei muri perimetrali con la costruzione di pareti divisorie in grado di alleviare il carico sulla volta. Più di recente, un importante restauro, diretto dall’architetto Albertino Linciano negli anni 1998-2000 e finanziato dalla Scuola Normale Superiore, ha permesso di adibire gli ambienti siti ai piani superiori dell’edificio a nuova sede del Centro di Ricerca Matematica Ennio De Giorgi, che vi si trova tuttora.
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