Come nel caso del Palazzo della Carovana, la facciata del Palazzo dell’Orologio ha inglobato le preesistenze medievali che sorgevano sull’area. La complessità intrinseca di questa stratificazione è appena suggerita nella cortina muraria esterna dalla diversa organizzazione delle finestre sui lati corti e, all’ingresso dell’arco con volta, dall’emergere di uno spigolo delle strutture pertinenti alla Torre della Fame.
In origine, prima ancora dell’inserimento dell’orologio (1696), l’intera superficie dell’edificio era ricoperta da un’uniforme decorazione ad affresco (1607-1608) organizzata per pannelli in cui erano rappresentati paesi e figure allegoriche, oggi totalmente perduta, se si eccettua la parte alta del fronte e del lato destro. Gli affreschi, al pari dei graffiti della Carovana, concorrevano a dare un senso di unitarietà all’edificio. Nonostante la loro irrimediabile scomparsa a causa del tempo, la facciata del palazzo risulta comunque armoniosa nella sua struttura, con la sezione centrale retta e i corpi laterali obliqui, il tutto circondato da una tettoia unificante. L’edificio si presenta così oggi come un corpo quasi simmetrico, con l’esplicita funzione di chiudere come una quinta scenica il lato nord-ovest di Piazza dei Cavalieri.
Nella conformazione attuale vediamo l’asse centrale del palazzo marcato dall’arco, due finestre di dimensioni differenti, la mostra dell’orologio e la torretta campanaria. Su questo stesso asse doveva insistere anche lo stemma mediceo-stefaniano commissionato nel 1607 a Gino, figlio di Stoldo Lorenzi, oggi perduto, ma forse in origine appoggiato sul cornicione dell’apertura principale. I corpi laterali presentano tre piani con coppie di finestre – dove spicca l’inserimento primo-novecentesco della quadrifora al posto di una delle aperture originarie – e al piano terra una finestra accoppiata a un portone. Sul lato sinistro dell’edificio sono visibili alcune preesistenze medievali, messe a nudo dal restauro del 1919.
Un’altra sezione di affreschi, parimenti molto rovinata, è nell’intradosso della volta che attraversa la struttura e conduce fuori dalla piazza. Presenta una decorazione a grottesca, particolarmente in voga tra Quattro e Cinquecento e già utilizzata in alcune sezioni dei graffiti della Carovana. Come notato da Paul Daniel Fischer, la volta – di forma leggermente strombata e quindi rastremata – funge da cannocchiale ottico per chi entra in piazza da Via Dalmazia, inquadrando il monumento di Cosimo I e la fontana sottostante. I suoi sedili in marmo grigio Versilia sono stati risarciti nel 1971.
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