Cosimo I de’ Medici è raffigurato in abiti militari. Indossa la lorica e un mantello che ricade dalla spalla destra attraversandogli il petto, al centro del quale è apposto un mascherone alato, raffigurante forse un pipistrello.
La fattura del ritratto è particolarmente accurata, come dimostra la dettagliata esecuzione delle borchie lungo lo scollo della lorica che, collocate anche sulla spalla sinistra, terminano in un elemento antropomorfo. Un’accuratezza non necessaria per una visione da lontano, ma che caratterizza tutti i busti della galleria di granduchi che orna il fronte del palazzo.
Il ritratto di Cosimo I è il primo della serie e fu realizzato tra il 1588 e il 1590. Con ogni probabilità furono anche fattori politici a indurre il figlio Ferdinando I de’ Medici (o il predecessore Francesco, se la data del primo documento disponibile sul busto fosse in stile pisano) a optare per la celebrazione dei protagonisti del granducato: durante la battaglia di Lepanto Cosimo aveva inviato in sostegno dodici vascelli stefaniani che, a causa delle controversie seguite alla proclamazione del granducato, furono costretti a battere bandiera pontificia. Fu probabilmente questo smacco a suggerire a Ferdinando di riaffermare il prestigio del casato e le sue prerogative sulla facciata del palazzo pisano, dando inizio alla serie dei ritratti, forte del fatto che la linea successoria familiare fosse ormai consolidata, contando già due granduchi.
L’autore del busto di Cosimo I è il poliedrico artista Ridolfo Sirigatti. Il pezzo di marmo fu acquistato presso lo scultore Giovanni Battista Lorenzi, attivo in Duomo, e da qui fu trasportato nel Palazzo della Carovana, insieme al modello in terracotta approntato nel frattempo da Sirigatti. Fu dunque nel palazzo «della Religione» che l’artista dovette lavorare all’opera. Egli fu coadiuvato da Lorenzi e da alcuni scalpellini: prima per sbozzare il marmo (sgrossare il blocco tracciando le linee essenziali della figura) e poi per impomiciarlo (lisciare con la pomice l’opera finita). La testa fu sistemata su una mensola, eseguita dal falegname Leonardo Potenti, sopra al ballatoio della porta del palazzo. Successivo, infatti, fu l’intervento dell’intagliatore Scipione Malaspina, anch’egli attivo all’Opera del Duomo, che nel 1593 ottenne il saldo per la realizzazione della nicchia «in marmi bianchi e mischi» tra il secondo e terzo piano. L’interno è dipinto a finto marmo rosso, mentre nella ricca incorniciatura a volute si aggancia la catena dell’ordine del Toson d’Oro, l’alta onorificenza concessa a Cosimo I dall’imperatore Carlo V.
L’autografia di Sirigatti, trattata con diffidenza da parte della critica, rimane a mio giudizio ben salda in virtù del confronto con i busti dei suoi genitori, che si conservano al Victoria and Albert Museum di Londra, purtroppo tra le poche sculture a oggi ricondotte alla sua mano.
Più difficile da accettare è la proposta di identificare il modello del busto nella testa in terracotta conservata a Palazzo Vecchio (Collezione Loeser): se vi si può ravvisare la stessa torsione del capo, e un modo simile di trattare il taglio degli occhi, va notato che nella versione marmorea non c’è traccia della tunica con fibula che veste l’esemplare plastico, né la pienezza e l’introspezione di quest’ultimo trovano riscontro nel busto del Palazzo della Carovana; va ammesso però che lo stato di conservazione del marmo, dilavato dagli agenti atmosferici, compromette un confronto più serrato.
È interessante notare come oggi il ritratto di Cosimo sovrintenda alla piazza e in particolare alla propria statua a figura intera, eseguita da Pietro Francavilla tra il 1594 e il 1596.
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