I busti marmorei sulla facciata del Palazzo della Carovana costituiscono una vera e propria galleria di effigi dei granduchi di Toscana e gran maestri dell’Ordine di Santo Stefano tra la metà Cinquecento e il primo quarto del Settecento. Fu Ferdinando I de’ Medici, forte di una dinastia ormai consolidata, a iniziare la serie, ordinando nel 1588 il busto del padre Cosimo I e, a stretto giro, quello del fratello Francesco I e il proprio. I successivi granduchi continuarono la serie omaggiando i loro diretti predecessori. Fu infatti Gian Gastone de’ Medici a commissionare l’ultimo busto, quello di Cosimo III (1642-1723).
I ritratti presero posto sulla facciata a partire del centro, uno a destra e uno a sinistra dello stemma mediceo stefaniano, ripetendo l’alternanza fino a riempire lo spazio disponibile.
In origine, sotto Cosimo I, si valutò se inserire, lungo la fascia tra le finestre del secondo e del terzo piano, dapprima teste di imperatori e poi le effigi dei fondatori dei più importanti ordini cavallereschi: i Cavalieri di Malta, la Milizia di Nostro Signore Gesù Cristo, l’ordine di San Giacomo, di Alcántara, di Calatrava e (appunto) di Santo Stefano. Le teste dovevano essere collocate sotto sei delle dodici finestre, alternandosi a iscrizioni, mentre negli ovati dove oggi sono le Virtù Giorgio Vasari pensava di raffigurare i santi venerati dagli ordini in questione. Come si evince dalla corrispondenza dell’artista il progetto dovette essere accantonato per problemi tecnici: non era stato possibile ritracciare fonti visive e letterarie adeguate che dessero un’idea dell’aspetto dei fondatori, ad eccezione ovviamente dello stesso Cosimo, di Goffredo di Buglione (Cavalieri di Rodi) e Alfonso di Castiglia (ordine di San Giacomo). Non è chiaro, a mio giudizio, se la galleria dei fondatori dovesse essere graffita o scolpita: le lettere vasariane sono ambigue in questo senso, pur lasciando propendere per la seconda ipotesi. A ogni modo il programma cambiò e non sappiamo se prima dell’iniziativa di Ferdinando I i riquadri dove ora si trovano i ritratti marmorei dei granduchi fossero privi di decorazione.
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