Preesistenze medievali (e quattrocentesche)

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Preesistenze medievali (e quattrocentesche)

Un unico, scarno indizio tradisce oggi in facciata l’antecedente medievale del Palazzo dei Dodici: un’insegna araldica in calcare bianco e in forma di scudo, apposta all’altezza del piano nobile tra i due finestroni del lato destro (ovest) del palazzo. Benché in leggero rilievo sul piano dell’intonaco, lo scudo è parzialmente coperto da una gronda di scolo delle acque e l’insegna al suo interno scalpellata: ma già Flaminio dal Borgo vi leggeva «l’arme de’ conti di Donoratico, che quantunque si veda tutta guasta e disfatta da scalpello, pur manifestamente vi si conoscono le primiere tracce dell’arme gentilizia di que’ conti». Questa identificazione sembra poter essere confermata dal confronto con lo stemma Donoratico della Gherardesca presente sulla chiesa di San Martino in Chinzica, il quale associa l’aquila imperiale e ghibellina nel mezzo sinistro a uno spaccato rosso e bianco a destra. Nessuna traccia rimane invece di una seconda insegna menzionata da Flaminio Dal Borgo e recante la croce pisana.

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Foto di Giandonato Tartarelli. ©️ Scuola Normale Superiore
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Resti scalpellati dello stemma Donoratico della Gherardesca. Pisa, Palazzo dei Dodici, facciata

In aiuto all’araldica è giunta, nel 1979, la tecnica d’indagine non invasiva della termografia, che rilevando la distribuzione del calore sulla superficie della facciata ha permesso di ottenere un’immagine ‘termica’ (non ottica) dei differenti materiali coperti dall’intonaco. Su questa base, nel 1987 Fabio Redi ha proposto una descrizione delle preesistenze medievali incorporate in facciata e una ricostruzione ipotetica dell’aspetto originario della struttura.

Si trattava di un edificio in muratura piena di conci di pietra squadrata. La facciata, larga 14 m (e quindi 1,8 m in meno dell’attuale) era solcata al piano terreno da quattro arcate a sesto leggermente ribassato, di 2,5 m di luce, scandite da pilastri larghi 0,75 m. Al piano superiore, la larghezza delle aperture e l’altezza delle imposte in pietra individuabili al di sotto dell’intonaco hanno spinto Redi a ipotizzare quattro polifore ad archetti, prive di arco di scarico soprastante (simili alla quadrifora del vicino Palazzo dell’Orologio). Emerge quindi una struttura a parallelepipedo, a marcata orizzontalità: un edificio ‘a palazzotto’ e non a torre o casa-torre, come avviene invece nel caso di altre preesistenze ascrivibili alla medievale Piazza delle Sette Vie, quali la Torre della Fame, il Palazzo degli Anziani, il Palazzo della Canonica. Si tratta inoltre di una struttura prevalentemente aperta, con un ambiente loggiato a piano terra formato da quattro campate coperte da volte a crociera, tuttora in essere benché intonacate, e un arioso piano nobile illuminato da polifore, al quale si accedeva sul retro tramite una scalinata lignea esterna collegata a un ballatoio superiore. Questa tipologia architettonica trova confronti puntuali in ambito cittadino: il Palazzo del Capitano del Popolo (attestato dal 1327), ugualmente in muratura piena, con loggia al piano terreno e polifore al piano nobile; e il palazzo arcivescovile, la cui loggia è stata datata da Redi all’episcopato di Simone Saltarelli (1330-1332).

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Foto di Giandonato Tartarelli, Scuola Normale Superiore. Su gentile concessione dell'Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano, Pisa
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Vestibolo d'ingresso con volta a crociera supportata da paraste angolari, riferibili all'impianto trecentesco (probabilmente loggiato) del palazzo. Pisa, Palazzo dei Dodici, piano terra
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Foto di Giandonato Tartarelli, Scuola Normale Superiore. Su gentile concessione dell'Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano, Pisa
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Vestibolo d'ingresso con volta a crociera supportata da paraste angolari, riferibili all'impianto trecentesco (probabilmente loggiato) del palazzo, particolare. Pisa, Palazzo dei Dodici, piano terra

Le volte del pianoterra sono un caso pressoché unico a Pisa: impostate su pilastri quadrangolari e capitelli tronco-piramidali in calcare dei Monti pisani su semipilastri in arenaria, esse trovano un contrappunto più articolato nel loggiato di Palazzo Gambacorti, oggi del Comune, costruito a partire dal 1370. Gli archi a sesto acuto paralleli alla facciata su cui si impostano le crociere sono invece accostabili, per inclinazione e profilo, a quelli della facciata Palazzo del Podestà (oggi indicato con il nome di Palazzo del Capitano, sede della Biblioteca della Scuola Normale, e la cui costruzione iniziò nel 1301). Quanto alle polifore, esempi paragonabili sono individuati da Redi nel già citato Palazzo del Capitano del Popolo (su Piazza delle Sette Vie), e in due avancorpi di abitazioni private in Via Oberdan e Borgo Stretto, tutti datati entro la prima metà del Trecento.

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Foto di Giandonato Tartarelli, Scuola Normale Superiore. Su gentile concessione dell'Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano, Pisa
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Parasta angolare con capitello in calcare a supporto delle nervature della volta medievale, particolare. Pisa, Palazzo dei Dodici, piano terra
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Foto di Giandonato Tartarelli, Scuola Normale Superiore. Su gentile concessione dell'Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano, Pisa
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Parasta angolare con capitello in calcare a supporto delle nervature della volta medievale, particolare. Pisa, Palazzo dei Dodici, piano terra

Vari indizi, inoltre, suggeriscono una data di costruzione e la funzione originaria dell’edificio. In una supplica del 1602, trascritta da Ewa Karwacka, si afferma: «li Priori di Pisa [allora residenti al suo interno] con ogni umiltà le narrano, che anticamente fu dalli Anziani et Priori della città fondato l’Archivio di loro pubbliche scritture, congiunto al Palazzo, dove hora fanno residenza». Anche Rohault de Fleury considerava l’edificio come una delle antiche residenze degli Anziani, e in particolare il loro «palazzo vecchio». Mettendo a confronto le modeste dimensioni della struttura originaria con le esigenze di vita degli Anziani, questa ipotesi sembra alquanto improbabile. Tanto più che un documento viene in nostro aiuto: citata da Redi, una delibera di esproprio del 1338 menziona una «turris cum voito» (probabilmente una torre con un piccolo terreno adiacente) affacciata sulla «carraia di San Frediano» e in angolo con la «Piazza degli Anziani» e di altre tre «domus» allineate sul dietro di essa, fra la piazza ora detta e un chiasso parallelo, tutte quante «destruende per Comune Pisano pro Camera Pisani Comunis ibidem fienda» (ossia da demolire per poter edificare su quel sito la Camera del Comune pisano). Nel 1338 si preparava dunque una nuova sede per la Camera amministrativa del Comune pisano, che si trasferiva su Piazza delle Sette Vie, dalla sua precedente sede accanto al Palazzo del Comune in Sant’Ambrogio, dov’era attestata fino a poco prima del 1318. La datazione entro la prima metà del Trecento è coerente con la presenza dello stemma della famiglia Donoratico della Gherardesca, protagonista di un’esperienza signorile alla testa del Comune pisano dal 1316 al 1347. La connotazione pubblica rimase anche oltre la conquista fiorentina, come prova l’affresco al primo piano del palazzo della Vergine assunta eseguito intorno al 1494 per il Collegio dei Priori di Pisa, che andò a risiedere qualche anno più tardi nella dismessa Camera del Comune, dopo che il Commissario fiorentino si era installato nel precedente Palazzo degli Anziani.

Gradualmente, il passato medievale e primo rinascimentale dell’edificio venne dimenticato. Ancora nel 1911, durante i restauri delle sue facciate resi necessari per il cattivo stato di conservazione di marmi ed intonaci, il Consiglio Provinciale insediato nel palazzo scelse di non risalire oltre la facies seicentesca (come invece presto sarebbe avvenuto nel Palazzo della Carovana), «non essendo stato giudicato conveniente di lasciare allo scoperto gli avanzi dell’architettura medioevale pisana che si fa esistere nella parte inferiore della facciata principale, perché ormai troppo deturpata dalla sovrapposizione degli ornamenti marmorei del secolo XVI».

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Foto di Giandonato Tartarelli. ©️ Scuola Normale Superiore
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