Nel 1766, un viaggiatore di Digione, Jérôme Richard, esprimeva grande ammirazione nella sua Description historique et critique de l’Italie per il ‘mostro marino’ («monstre marin») sotto la statua di Cosimo, con le ‘gambe di un uomo’ («les jambes d’un homme»), il ‘corpo e le pinne di un pesce’ («le corps et les nageoires d’un poisson»), la ‘testa simile a quella di un granchio’ («la tête d’un cancre»). Per chi giungeva in Toscana dal mare, approdando al porto di Livorno, la ‘figura grottesca’ («figure grotesque») rappresentava un’importante anticipazione delle bizzarrie scultoree manieriste che si sarebbero poi trovate disseminate a Firenze, tanto in spazi pubblici come Piazza Santissima Annunziata, quanto in spazi della corte quali il Giardino di Boboli.
Quando il gruppo marmoreo fu osservato da Richard (nel 1761), era già protetto da una ferrata, di cui abbiamo testimonianza almeno dal 1725 nella pianta di Piazza dei Cavalieri di Giovanni Domenico Rinaldi, conservata all’Archivio di Stato di Firenze, e che ritroviamo ancora in varia documentazione visiva fino al secondo decennio del Novecento. La protezione era di certo stata suggerita dalla preziosità del gruppo, accresciuta dal bastone di comando retto dal granduca, originariamente realizzato in metallo dorato dall’orafo e argentiere Giovanni Zucchetti nel 1596. Non sappiamo se questo preciso oggetto fosse stato nel frattempo sostituito, ma di certo un bastone di comando è attestato ancora come complemento della figura medicea nelle stampe settecentesche e di primo Ottocento che rappresentano la statua, mentre non è più riconoscibile in quelle della seconda metà del diciannovesimo secolo, così come nelle foto di primo Novecento.
È probabile, d’altra parte, che la ferrata servisse anche, soprattutto in età granducale, a rimarcare lo statuto celebrativo e di arredo urbano del monumento, scoraggiando l’approvvigionamento quotidiano della sua acqua da parte della popolazione: una consuetudine che è invece ben attestata alla fine dell’Ottocento, anche prima che la protezione venisse rimossa, e che fu tenuta in considerazione nel 1926, quando l’allora Soprintendenza della Toscana I, guidata da Giovanni Poggi, procedette a un importante restauro della statua e della fontana con la collaborazione dell’Opificio delle Pietre Dure. La vaschetta retta dal Gobbo fu riparata e al suo interno vennero inseriti alcuni alloggiamenti per sostenere le brocche. E forse fu proprio in quest’occasione che furono rimosse le barriere metalliche, non più attestate nella campagna fotografica Anderson realizzata nel 1928.
«886 PISA – Fonte in Piazza dei Cavalieri»
Queste immagini si pongono anche come termine ante quem per ricostruire lo stato conservativo del Gobbo, sul quale agì anche il restauro del 1926, ma che figura due anni più tardi nelle foto Anderson quasi completamente senza braccia (un ultimo moncherino del braccio sinistro, presente nel 1928, sarebbe andato perduto nel medio Novecento). La figura marmorea grottesca, che risulta ancora integra in scatti di fine Ottocento, dovette infatti subire i maggiori danni nel primo o nel secondo decennio del secolo successivo, forse sollecitando proprio il restauro del 1926, quando si intervenne anche sulla statua di Cosimo, realizzando in marmo rosso le croci di Santo Stefano lungo i due lati del piedistallo, in sostituzione di quelle in cemento colorite a rosso di data ignota. Inoltre, venne rifatta la mano destra del granduca e furono riattaccati con perni il rostro e la coda del delfino.
Non integrato in occasione di questo restauro, il bastone di comando del granduca mediceo affiora in una fotografia d’epoca post-bellica, per poi sparire in modo definitivo dalla documentazione visiva successiva. La statua sarebbe stata nuovamente restaurata nel 1988 sotto la direzione della Soprintendenza, con opere di consolidamento e pulitura generale tramite impacchi, e ancora nel 1990-1991 fu operato un intervento sulla fontana con un finanziamento del Lions Club Pisa Host. Nonostante queste attenzioni, il gruppo, spesso oggetto nel secondo Novecento di cammuffamenti ironici in occasione di eventi in piazza di ampia partecipazione cittadina (come Festissima o i festeggiamenti per il Pisa in serie B), si presenta ancora oggi particolarmente sofferente, con perdite di materiale nel volto di Cosimo e nella sua mano sinista e con una leggibilità del Gobbo assai compromessa.
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