Cosimo I de’ Medici nacque a Firenze il 19 giugno 1519. Figlio di Lodovico di Giovanni de’ Medici, il celebre condottiero Giovanni delle Bande Nere, e Maria Salviati (nipote di papa Leone X), è esponente di un ramo minore della famiglia fiorentina. Sofferse per questo di uno scarso sostegno da parte di Clemente VII (della stessa casata, ma membro del ramo maggiore), nonché di una modesta agiatezza economica che implicò anche il rifiuto di prestigiose combinazioni matrimoniali. Una repentina evoluzione delle prospettive di Cosimo avvenne a seguito dell’assassinio di Alessandro de’ Medici (duca reggente di Firenze) ad opera del cugino Lorenzino, il 6 gennaio 1537. Data l’assenza di discendenti legittimi del primo e della comprensibile estromissione di quest’ultimo dalla linea di successione, Cosimo assurse a principale erede della famiglia e il 10 gennaio dello stesso anno il senato di Firenze lo nominò «capo e primario della città». Dopo una travagliata stagione di scontri alla ricerca di un delicato equilibrio internazionale (complessi in particolare i rapporti con Roma e con i Farnese), nel 1543 Cosimo I è a tutti gli effetti padrone dello Stato e dà inizio a una lenta e profonda stagione di riforme politiche e istituzionali. Scrupoloso amministratore, persegue al contempo una ferrea gestione della giustizia e in particolare dell’ordine pubblico.
I rapporti di Cosimo con Pisa sono complessi, si declinano sul piano politico come su quello privato e impegnarono la sua agenda sin dai primi anni di governo (in particolare dal 1543 al 1551). Anzitutto, per la difesa del territorio toscano la città assurgeva a importante snodo strategico: quando l’imperatore Carlo V d’Asburgo avocò a sé, all’atto di insediamento del duca, il controllo delle fortezze di Firenze e Livorno, quella di Pisa restava una delle poche strutture difensive di valore sotto il pieno controllo mediceo. Cosimo I aveva poi piena contezza della necessità per lo stato di presidiare e sviluppare sul piano commerciale e militare la proiezione toscana sul mar Tirreno. In tale ottica predispone un programma di potenziamento dell’Arsenale di Pisa e di ammodernamento della flotta toscana: «di qui l’appassionato interesse per la costruzione delle galere, di cui egli amò presenziare personalmente fino ai suoi anni più tardi», come scrive Elena Fasano Guarini. In ossequio a tali principi si colloca la fondazione, a Pisa, dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano nel 1562, di cui fu primo gran maestro. Predispose poi misure di politica fiscale volte ad attirare manifatture (in particolare legate alla lavorazione della lana) favorendo flussi migratori verso la città e il contado (sottoposto a importanti opere di bonifica) e invogliando l’insediamento di mercanti ebrei e marrani. Tali interventi concorsero a fare di Pisa (in sinergia con il potenziamento commerciale di Livorno: nel 1560 si dà avvio alla costruzione del canale dei Navicelli che collega le due città) il secondo polo industriale della Toscana, preceduto solo da Firenze (che tuttavia deteneva diritti politici e condizioni fiscali di favore). Allo scopo di legare a sé il ceto intellettuale, nel 1543 riapre l’Università di Pisa (fondata nel 1343) e istituisce collegi (come la Sapienza) per favorire lo studio dei sudditi meritevoli meno abbienti. Sempre a Pisa Cosimo sposterà la sede invernale della corte. Infine, dà avvio al grandioso piano edilizio di ammodernamento e di riconfigurazione scenografica della città sotto il segno dei Medici con la fastosa rielaborazione di Piazza dei Cavalieri, frutto dell’intenso sodalizio del duca con Giorgio Vasari. Nei progetti di Cosimo I Pisa assurse dunque a tassello centrale della politica di consolidamento e di espansione dello stato toscano.
Tuttavia, la città ebbe modo di giocare anche un ruolo tragico nella vita privata del Medici. Mentre la moglie Eleonora è in Maremma assieme ai figli Giovanni, Garzia e Ferdinando, una febbre maligna li coglie. In una lettera al figlio Francesco del 21 novembre 1562 Cosimo decide di spedire don Garzia e Ferdinando a Pisa (allora ritenuta curativa per la qualità dell’aria): «Don Garzia et don Ernando hanno ancor loro un poco di febbre ma di mali salubri et si cureranno. Et credo al fermo non sia male di pericoli, et domani li condurremo a Pisa». Il 18 dicembre Cosimo è in città. Tuttavia, poco dopo Garzia e la moglie Eleonora soccomberanno alla malattia.
Comincia in questa fase la parabola di progressivo disimpegno del duca dagli affari di stato: dal primo maggio 1564 cedette il governo e le rendite al figlio Francesco, riservando a sé il titolo ducale e il diritto di nomina delle cariche più importanti, continuando anche a sovrintendere alla gestione dell’attività marinara della flotta e dell’Ordine di Santo Stefano. Al ritiro completo dagli affari di stato, licenziata la corte, si ridusse a vita privata con la compagna Camilla Martelli a Pisa e nelle ville di Poggio a Caiano e di Castello, nei pressi di Firenze. In quest’ultima residenza trovò la morte, a seguito di un colpo apoplettico, il 21 aprile 1574. La sua effigie marmorea fu la prima della serie medicea ad essere collocata, postuma, sulla facciata del Palazzo della Carovana.
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