Sale della Direzione

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Sale della Direzione

La Direzione della Scuola Normale Superiore è ospitata oggi in quattro vani comunicati nel Palazzo della Carovana: la Sala del Gran Priore, la Sala delle Vittorie (già sala riunioni, attualmente in uso da parte del direttore dell’istituzione), un disimpegno (in passato utilizzato come ufficio del direttore) e la segreteria. Ad essi è annesso ancora (ma senza essere più direttamente comunicante) un quinto spazio, occupato dalla Comunicazione. Si tratta dell’area sud-occidentale al secondo piano dell’edificio vasariano. Affacciata con otto aperture su Piazza dei Cavalieri, è stata oggetto, nel corso dei secoli, di varie ridefinizioni e redistribuzioni che hanno coinvolto anche ambienti limitrofi, innanzitutto per rispondere alle mutevoli esigenze abitative dei Cavalieri di Santo Stefano; quindi, dal 1846, per soddisfare le necessità dettate dalla gestione ‘normalistica’ della Carovana, che subito la destinò a sede della Direzione.

Nella distribuzione vasariana originaria l’area aveva ospitato la Sala del Consiglio (il «supremo tribunale») e altri importanti organi e uffici dell’Ordine (la Cancelleria, lo Scrittoio d’Azienda, l’Archivio). Lo conferma la documentazione relativa ai lavori qui condotti durante gli anni settanta del Seicento quando, indicati come «stanze della Cancelleria e Scrittoio», oltre che Sala del Consiglio, questi spazi furono interessati da un’importante campagna di ristrutturazione delle volte e dei palchi affidata al maestro di muro Giovanni Scrilli. Al termine del cantiere edile, al pittore fiorentino Jacopo Chiavistelli fu chiesto di «dipingere la stanza e volta del Consiglio a fresco». In particolare, la Nota e misura delle volte conservata all’Archivio di Stato di Pisa permette di identificare i quattro ambienti del secondo piano rivolti «verso la piazza», oggetto dell’intervento, grazie ai puntuali riferimenti all’ubicazione e alla disposizione reciproca, oltreché ai sistemi di copertura che presentavano (e che, nei primi tre dei quattro casi qui di seguito elencati, ancora oggi presentano). Si parla di una «prima stanza alla cantonata verso la chiesa e piazza», voltata «a lunette» (oggi tramezzata e corrispondente all’Ufficio Comunicazione e alla Segreteria della Direzione); di una «stanza accanto alla medesima», voltata «a schifo» (coincidente con il disimpegno); di una «stanza [che] serve per Cancelleria», voltata anch’essa «a schifo» (poi detta Sala delle Vittorie); e infine della «stanza del Consiglio», con volta «a lunette» (oggi la Sala del Gran Priore). Un altro documento chiave, datato 1677 e relativo alla prosecuzione dei lavori, menziona il «terrazzino della Sala dell’illustrissimo Consiglio», ovvero il balcone posto sull’asse mediano del Palazzo della Carovana, tuttora accessibile dalla Sala del Gran Priore. Infine, abbiamo conferma dell’esistenza di una sala adibita unicamente alle adunanze del «supremo tribunale» già nel 1593, quando Ridolfo Sirigatti commissionò al pittore Aurelio Lomi una tela rappresentante la Sacra Famiglia con santo Stefano (oggi nella chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri) da destinare proprio alla Sala del Consiglio nel Palazzo della Carovana.

È plausibile che la destinazione d’uso di questo ambiente e degli spazi limitrofi sia mutata nel 1692, quando fu disposto il permanente trasferimento dei principali uffici stefaniani dalla Carovana al vicino Palazzo dei Dodici, acquisito l’anno precedente dal granduca e gran maestro Cosimo III de’ Medici e trasformato nella sede stabile del Consiglio dell’Ordine e dei suoi organi. Sgomberate queste sale si poté procedere con «una nuova distribuzione dei quartieri abitabili ridotti in numero di ventidue», situati ai piani alti del palazzo vasariano. Risale probabilmente a questo momento la conversione di alcuni di essi in un nuovo, più grande, quartiere abitativo per il gran priore, una delle più eminenti autorità dell’Ordine di Santo Stefano. Si trattava di un cavaliere commendatario di età superiore ai ventinove anni, che veniva eletto con cadenza triennale dal Capitolo Generale ed era incaricato di ‘sorvegliare’ la condotta dei cavalieri che alloggiavano nel palazzo. Per farlo, era tenuto anch’egli ad abitare «continatovamente nel convento». I più antichi capitoli della Religione – vale a dire le due edizioni edite nel 1562 e nel 1571 – non menzionano ancora questa figura, ma descrivono la carica equivalente del «priore del convento». Soltanto a partire dai capitoli del 1595, questo sarà alternativamente chiamato «gran priore». Nonostante l’obbligo di residenza sia attestato già negli statuti del 1562, non è possibile localizzare i primi spazi destinati all’abitazione di questo cavaliere dentro la Carovana. Si può però argomentare con relativa certezza che il suo primitivo quartiere non sia coinciso con gli ambienti che attualmente ospitano la Direzione della Normale, per i quali è adoperata la dicitura «quartiere del signor gran priore» nelle carte d’archivio soltanto dalla metà del Settecento.

Nel corso di questo secolo l’abitazione del gran priore fu coinvolta nei notevoli interventi di rimodulazione dell’assetto residenziale interno della Carovana promossi per ospitare un maggior numero di cavalieri (fino a ventisette alloggi). Durante il cruciale biennio 1754-1755, il cantiere interno al palazzo fu soprinteso dall’ingegnere pisano Giovanni Michele Piazzini e regolamentato da un decreto emesso dal presidente del Consiglio di Reggenza Emmanuel François Joseph Ignace Dieudonné de Nay, conte di Richecourt, registrato il 23 gennaio 1755. La nuova proposta mirava a ribadire l’obbligo di residenza per i cavalieri carovanisti, relegati e per quelli obbligati alla navigazione (ai primi, a partire dal 1719, era stata data facoltà di vivere fuori dal palazzo), oltre che per il gran priore. A quest’ultimo, in particolare, veniva destinato un nuovo quartiere, ottenuto con la funzionale redistribuzione di quelle che sino ad allora erano state le «tre stanze abitate già dal priore Della Ciaia [ovvero Azzolino Bernardino Della Ciaia, deceduto il 15 gennaio del 1755]», che dovevano essere incorporate alla «sala ove di presente sta il gran priore», aprendo una nuova porta, in maniera da «formare in avvenire l’abitazione del gran priore». Si può ipotizzare che questo dignitario usufruisse allora di una «sala» per finalità di rappresentanza e non abitative (verosimilmente la Sala ancora oggi detta del Gran Priore, già del Consiglio) adiacente ad una delle stanze di Della Ciaia, così come di un settore residenziale – poco distante da questi ambienti, ma non direttamente contiguo – di una certa ampiezza, al punto che, nel progetto del gennaio 1755, se ne prevedeva la suddivisione in tre distinti alloggi. Per quanto accurata sia la descrizione del progetto esecutivo di Piazzini, non è semplice orientarsi nel secondo piano della Carovana a quest’altezza cronologica, poiché – diversamente dalle planimetrie del pian terreno e del terzo piano – la pianta del secondo livello del palazzo non si è preservata. Si conserva però una Relazione dei lavori fatti nei palazzi della Religione, redatta dall’ingegnere stesso in data 24 marzo 1755, nella quale si parla di un «vecchio quartiere del signor gran priore», in cui «serrate due porte con parete a coltello», cioè con una parete divisoria, venivano ricavati «due armadi», ad uso dei due nuovi alloggi ivi sorti.

Oltre alla segmentazione (e quindi moltiplicazione) dei quartieri esistenti mediante l’uso di pareti divisorie, nel gennaio del 1755 si progettarono e compirono anche dei lavori in facciata, nel balcone annesso alla Sala del Gran Priore. Il commissario del convento Ugo degli Azzi, infatti, aveva segnalato al Consiglio che «il terrazzo di pietra macigna [della Golfolina], che risiede sopra la porta principale del palazzo conventuale» necessitava di essere ristrutturato, e così pure l’architrave della porta stessa. Constatando che era «tutto fracassato, e ridotto in grado da non potere più servire, e con pericolo di qualche rovina», Degli Azzi si era messo in contatto con Piazzini e con lo scalpellino Bartolomeo Sarti, insieme ai quali aveva valutato se ricreare il terrazzo «nella forma del vecchio», utilizzando il macigno e spendendo complessivamente 428 fiorini – ma realizzando un lavoro che temevano non potesse rivelarsi duraturo («considerando che per rifare detto terrazzo nella forma che sopra, non siamo sicuri della sussistenza del medesimo per lungo tempo») –, o se investire una maggior somma (1035 fiorini) per ricreare in marmo il balcone e l’architrave della porta principale del palazzo. Reputato «questo lavoro assai più stabile e quasi per sempre, e di maggior decoro e bellezza del palazzo e della piazza, [e anzi] reflettendo che, nel rifarsi anche di pietra macigna, [sarebbe] cresciuta la spesa», optarono infine per il rifacimento marmoreo del balconcino.

I successivi interventi nell’area oggi della Direzione risalgono al 1825 e furono condotti dall’ingegnere pisano Giuseppe Caluri. L’anno precedente, tra i lavori più urgenti volti alla «remissione in buon grado di questo fabbricato» (dopo il temporaneo abbandono durante la parentesi napoleonica), l’ingegnere aveva dato priorità alla trasformazione della «incomodissima […] ed assai pericolosa» scala cinquecentesca a tre rampe realizzata da Giorgio Vasari, realizzando lo scalone interno a due rampe ancora oggi in uso. Come apprendiamo dall’elaborazione grafica annessa a questo progetto da Caluri, le stanze del «quartiere dell’illustrissimo signor cavaliere gran priore» si estendevano per tutta la larghezza del palazzo e occupavano un ampio settore del secondo piano compreso tra il «corridore d’ingresso» e il «corridore sul cortile». Una volta compiuti i lavori, al secondo piano sarebbero dovuti risultare «il quartiere del […] gran priore composto di sei stanze, il Salone [la Sala Azzurra] e n. 5 quartieri di due stanze l’uno, oltre il mezzanino tra il secondo e il terzo piano».

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Foto di Giuseppe Maltana. Su concessione del Ministero della Cultura – Direzione generale Archivi. Con divieto di ulteriore riproduzione o diffusione
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Giuseppe Caluri, Progetto del nuovo scalone al secondo piano del Palazzo della Carovana, 1824, particolare. Archivio di Stato di Pisa, Ordine di Santo Stefano, 6834, n. 3, c. 139v

Una pianta del secondo piano, la cui esecuzione Ewa Karwacka Codini colloca tra 1825 e 1848, mostra quali fossero i sei ambienti comunicanti di cui avrebbe disposto il gran priore, e quali spazi – l’odierna saletta della Segreteria e quella della Comunicazione – vennero allora esclusi dal quartiere. I resoconti dei lavori attestano chiaramente la riconfigurazione di quella che viene indicata come l’«ultima stanza di facciata», che fu scorporata dal vecchio nucleo abitativo del gran priore per essere integrata in un nuovo alloggio composto di due stanze. Per il resto, due delle porte che dal quartiere conducevano al loggiato sul cortile – nelle tre camere retrostanti – vennero murate e trasformate in finestre. Inoltre, un legnaiolo fu incaricato di realizzare nuovi infissi e porte, con particolare attenzione alla porta del terrazzino, costruita «parte a cristalli e parte con bozze». Il camino in macigno collocato lungo la parete ovest della Sala del Gran Priore fu smantellato e sostituito con un «caminetto di marmo bianco a colonne».

La riforma degli ambienti che costituivano il quartiere fu quindi piuttosto invasiva, e già nel giugno del 1825 Caluri rifletteva sulla necessità di stonacare, intonacare e ripitturare le pareti della «prima stanza di quartiere (la Sala del Gran Priore), la cui «pittura [… inizialmente] si credeva di poter tenere», ma che ora risultava profondamente danneggiata dai lavori ivi eseguiti («per causa della variazione delle porte e del caminetto», anzitutto). Lo stesso giudizio troviamo nei diversi resoconti trasmessi a Pietro Cosi del Voglia, soprintendente e operaio dell’Ordine, da cui emerge che gli affreschi tardo-secenteschi eseguiti da Chiavistelli nella sala non versavano allora in cattivo stato di conservazione, ma erano stati compromessi in modo significativo dai numerosi interventi realizzati per ridimensionare e ammodernare gli spazi del quartiere. I nuovi interventi pittorici, «lungi da essere urgenti, ammettevano anzi tutta la dilazione necessaria» e dovettero essere rimandati di qualche anno: nel luglio 1826, Caluri progettava finalmente di «eseguire la pittura del quartiere dell’illustrissimo signor cavaliere gran priore, composto di n. 6 stanze alquanto grandi».

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Foto di Giandonato Tartarelli. ©️ Scuola Normale Superiore
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Sala delle Vittorie. Pisa, Palazzo della Carovana
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Foto di Giandonato Tartarelli. ©️ Scuola Normale Superiore
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Sala delle Vittorie. Pisa, Palazzo della Carovana

La decorazione, purtroppo rimasta anonima, interessò sicuramente il soffitto e le pareti della Sala del Gran Priore e dell’ambiente ad essa adiacente, ribattezzato in seguito Sala delle Vittorie, in riferimento alle figure femminili che animano l’ampia cornice dipinta nella volta. Nel primo ambiente fu realizzato un semplice programma iconografico di gusto neoclassico, che fondeva elementi allegorici e illusionistici. Al centro della volta è raffigurata una figura alata – un’allegoria della Fama – accompagnata da due putti in volo intenti a sorreggere drappi, vessilli e armi. La scena è racchiusa entro una cornice in finto stucco, decorata con festoni, trofei e otto grifoni. Sulla parete est si apre infine una pittura quadraturista, con colonne ioniche che simulano una loggia. Nella Sala delle Vittorie, invece, il programma iconografico assunse un carattere più spiccatamente mitologico: sulle pareti, entro finte nicchie scandite da paraste scanalate e intervallate da specchiature marmoree ornate da festoni, furono dipinte statue monocrome raffiguranti celebri eroi dell’antichità, assisi o in piedi su piedistalli: Achille, Paride, Ercole e Alessandro Magno. Al centro della volta, entro un grande ovato, si trova Ercole nell’atto di uccidere il leone di Nemea, al cospetto di Atena, ancora in monocromo. Si tratta in entrambi i casi di un repertorio classicheggiante assai diffuso nelle ville e nei palazzi nobiliari pisani come il Palazzo Mastiani-Brunacci o il Palazzo Lanfranchi.

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Sala del Gran Priore, fotografia, 1932. Pisa, Scuola Normale Superiore, Centro Archivistico, Raccolta fotografica, cosiddetto 'Album Luoghi', n. 2
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Sala del Gran Priore, ante 2012. Pisa, Palazzo della Carovana
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Foto di Giandonato Tartarelli. ©️ Scuola Normale Superiore
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Sala del Gran Priore, con il bronzo 'Senza titolo' di Mimmo Paladino, post 2012-ante 2018. Pisa, Palazzo della Carovana

Le pitture ottocentesche sono tornate visibili solo a partire dal 1999, grazie a saggi pittorici e interventi di restauro nell’area palaziale condotti entro il 2012, che previdero anche la sostituzione in diversi ambienti dei pavimenti. Erano infatti state coperte nel 1932, durante i lavori di ristrutturazione del Palazzo della Carovana promossi da Giovanni Gentile, allora direttore della Normale. Il filosofo e il suo vice, Francesco Arnaldi, rinnovarono l’aspetto e l’arredo delle sale della Direzione, non solo commissionando appositi mobili, ma anche incaricando per l’occasione – e per altri interventi pittorici – Cesare Cigheri, un decoratore originario di Carmignano. Questi operò esclusivamente sulle pareti dei tre ambienti principali, dipingendole a tinta unita con fasce e cornici animate da motivi fitomorfi stilizzati, risparmiando tuttavia le figurazioni delle volte, che in alcune fotografie storiche degli ambienti si riescono a intravvedere, e che dovettero quindi essere imbiancate in un secondo momento. In anni recenti, anche alcuni ambienti di quest’area palaziale sono stati interessati dall’esposizione di opere del Centro Pecci.

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Un altro locale della Direzione, fotografia, 1932 circa. Pisa, Scuola Normale Superiore, Centro Archivistico, Raccolta fotografica, cosiddetto 'Album Luoghi', n. 5
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Sala delle Vittorie, fotografia, 1932 circa. Pisa, Scuola Normale Superiore, Centro Archivistico, Raccolta fotografica, cosiddetto 'Album Luoghi', n. 3
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Sala delle riunioni del direttore, fotografia, 1932 circa. Pisa, Scuola Normale Superiore, Centro Archivistico, Raccolta fotografica, cosiddetto 'Album Luoghi', n. 4
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Foto di Giandonato Tartarelli, Scuola Normale Superiore. Su concessione del Ministero della Cultura – Direzione generale Archivi. Con divieto di ulteriore riproduzione o diffusione
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Cesare Cigheri, Progetto di per la decorazione delle Sale della Direzione. Pisa, Archivio di Stato, 134, XXVII, 129, fasc. 16

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Foto di Giuseppe Maltana. Su concessione del Ministero della Cultura – Direzione generale Archivi. Con divieto di ulteriore riproduzione o diffusione
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Foto di Giandonato Tartarelli. ©️ Scuola Normale Superiore
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