Allestito sulla parete a sinistra dell’ingresso in Sala degli Stemmi, al terzo piano di Palazzo della Carovana, la Sacra Famiglia con san Giovannino è una tempera su tavola riferibile alla cerchia di Michele Tosini (1503-1577), da collocarsi nella seconda metà del Cinquecento. Analogamente alla Santa Caterina dello stesso autore, è attestata negli inventari degli Uffizi dagli anni ottanta dell’Ottocento (inv. 1890-6066), dove è già indicata come opera del pittore fiorentino. Dopo il passaggio in Galleria e nel Corridoio vasariano, giunse a Pisa nell’aprile del 1929, a completare l’arredamento in stile tardo-cinquecentesco dell’ambiente dove ancora si trova.
Quella di Tosini, ereditata da Ridolfo del Ghirlandaio nel 1561, fu una delle botteghe più attive e stimate della Firenze di metà Cinquecento, rinomata per la tecnica impeccabile e per la raffinatezza delle interpretazioni bibliologiche. Secondo solo ad Angolo Bronzino e Giorgio Vasari, Michele fu coinvolto con i suoi allievi nei più importanti progetti fiorentini pubblici e privati, facendosi portavoce di uno stile in linea con la tradizione ghirlandaiesca, ma ricettivo nei confronti delle novità manieriste.
Tra i suoi numerosi epigoni ricordiamo il figlio Baccio Tosini, Francesco e Giovanni Brina, Andrea del Minga, Bartolomeo e Francesco Traballesi, Niccolò Betti e Carlo Portelli. La fama della bottega di Michele, attivo membro nella nascente Accademia del Disegno, era fondata tanto sull’affidabile qualità della produzione, quanto proprio sulla quantità e validità degli allievi che qui venivano educati, come ricorda lo stesso Vasari nelle sue Vite: «Ma quello che in lui mi piace sommamente, oltre all’essere egli veramente uomo da bene, costumato e timorato di Dio, si è che ha sempre in bottega buon numero di giovinetti, ai quali insegna con incredibile amorevolezza». Abbiamo infatti testimonianza della partecipazione dei suoi collaboratori alla decorazione del catafalco funebre in onore di Michelangelo (1564) e agli apparati per le nozze di Francesco I e Giovanna d’Austria (1565), oltre che nei lavori di rinnovamento di Palazzo Vecchio. Tuttavia, proprio la compresenza di personalità dai caratteri stilistici piuttosto omogenei, così come la ricchissima produzione pittorica, che abbraccia esemplari di alta qualità e riproduzioni seriali di modelli fortunati, rendono la prolifica attività della bottega tosiniana uno dei campi più insidiosi della critica artistica fiorentina, soprattutto nella distinzione delle mani. A causa del successo di mercato e della serialità di riproduzione, le difficoltà attributive si manifestano in massimo grado nelle composizioni religiose, che furono il campo di sperimentazione prediletto di Michele, ricordato spesso nella storiografia come profondamente devoto ed esperto conoscitore dei testi sacri, nonché membro attivo di tre confraternite religiose.
È quanto avviene anche per la Sacra Famiglia con san Giovannino in Carovana, ad oggi priva di una datazione precisa e per la quale si può spendere (piuttosto che un pieno giudizio di autorialità) un riferimento più plausibile alla cerchia del pittore. Si tratta di una composizione in linea con la secolare tradizione dei dipinti destinati alla devozione privata negli ambienti domestici e costituisce la categoria iconografica di maggior successo alla metà del secolo.
L’opera trova tangenze con stilismi vasariani nell’impaginazione, con primi piani ravvicinati e leziose fisionomie facciali. Il Cristo bambino è rappresentato dormiente sul grembo di Maria e conduce diagonalmente l’occhio dello spettatore dalla mano destra della Madonna al san Giovannino nell’angolo superiore opposto, recante gli attributi della croce e del cartiglio. La Vergine troneggia graziosamente al centro della composizione, sfoggiando eleganti vesti seriche e un’acconciatura elaborata, entrambi tratti tipicamente tosiniani. Giuseppe si trova all’estremità sinistra del dipinto, con le Sacre Scritture in mano. L’iconografia del gruppo Madre-Figlio, oltre a comporre una sorta di Pietà michelangiolesca, sembra fondere i due temi evangelici della Natività, dal carattere più intimo, e della Presentazione al Tempio, intriso di forza morale e solennità. Infine, importante appare il debito compositivo anche con Bronzino, e in particolare con la sua Sacra Famiglia Panciatichi, oggi gli Uffizi: sia per il Bambino profondamente addormentato, che per la presenza monumentale della Vergine.
Gli studiosi concordano nell’identificare il prototipo originale della serie di Sacre Famiglie con san Giovannino di bottega tosiniana con l’esemplare conservato dal 1845 all’Ermitage di San Pietroburgo, di mano del maestro. Nonostante le differenze qualitative e di formato (il nostro dipinto è di ben 193 x 118 cm, rimanendo insuperato nella serie), la tavola russa e quella pisana mostrano un’evidente parentela per composizione, pose, espressioni, tinte e dettagli stilistici. Lo scarto più evidente appare nella caratterizzazione fisica di san Giuseppe: adulto con chioma bruna nell’una e anziano dalla capigliatura argentea nell’altra, ma sempre connotato dalla stessa gestualità. Sono numerose le ulteriori repliche ad oggi note; ricordiamo in particolare una tavola che reca anche la figura di san Giuseppe nei depositi delle Gallerie degli Uffizi (inv. 8722 – 1890), attribuita a Francesco Brina. Ad eccezione della mano destra della Vergine, del tutto analoga al dipinto dell’Ermitage, la stretta somiglianza di pose e dettagli nella tavola in Sala degli Stemmi con questo esemplare fiorentino potrebbe suggerire per la nostra, all’interno della cerchia tosiniana, il particolare coinvolgimento di Brina o di suoi aiuti.
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