Podestà [XII-XIV secc.]

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Podestà [XII-XIV secc.]

Preliminare a ogni discussione sulla figura del Podestà è rilevare che, come del resto per le altre magistrature, al di là delle fonti cronachistiche, è impossibile fondarsi su documenti affidabili precedenti al 1316, quando l’Archivio pisano venne dato alle fiamme durante la cacciata di Uguccione della Faggiuola. Il Podestà fa la sua prima comparsa a Pisa nel 1191: in questa fase germinale il suo potere viene continuamente conteso dalla vecchia forma aristocratica del governo dei Consoli, che cederà solo nel 1236.

Pur nella complessa definizione dei compiti, come sostiene Gioacchino Volpe «gli è esplicitamente riconosciuto […] il diritto di prendere l’iniziativa degli atti di governo, facendone la proposta». Il Podestà era il rappresentante del Comune e non del Popolo: il suo spazio di manovra politica, almeno per tutto il XIII secolo, era notevolmente limitato dalla classe consolare che lo eleggeva tramite i suoi rappresentati al Senato. Egli, quindi, convocava il Senato e ivi comunicava le proposte di legge avanzate dagli Anziani. Non aveva potere legislativo (che restava nelle mani del Consiglio del Popolo e della Credenza), ma solo esecutivo. Sebbene non si possa parlare di un consiglio strutturato che operava in ausilio al Podestà, già nel XIII secolo gli si affiancano i senatori e sempre più spesso (delineando così un istituto che acquisterà grande rilevanza con la magistratura degli Anziani) un collegio di Savi (un «collegio aggiunto di sei cittadini ogni porta»). In definitiva, il compito precipuo del Podestà era anzitutto di rappresentanza e raccordo: coordinava l’azione delle diverse magistrature e rappresentava l’unità comunale nelle relazioni con l’estero.

Il 1254 segna una data di svolta nell’architettura istituzionale pisana: si afferma ora la magistratura degli Anziani e con essa una figura destinata ad affiancare quella podestarile, il Capitano del Popolo. Come rileva A. Abruzzese, negli statuti del 1286 queste due funzioni hanno le stesse «attribuzioni e prerogative»; sarà solo con la riforma del 1314 che i due ambiti cominciano a scindersi: il Podestà verso la conduzione politica e amministrativa del Comune (in particolare della giustizia civile e penale); il Capitano del Popolo verso il comando (in guerra) delle milizie. Il Podestà era inoltre coadiuvato nel suo ufficio da un’équipe di suoi sodali composta da quattro militi o socii, tre giurisperiti e due notai, nonché trenta guardie (o ‘berrovieri’) stipendiati dallo stesso Podestà. Questi per altro riceveva un emolumento direttamente dal Comune, che oscillava tra le 7500 e le 9000 lire di denari pisani (una cifra cospicua). Da statuto inoltre era esclusa da Pisa la presenza di familiari o persone (comprese mogli e figli, se non con eccezioni molto rare) che potessero avere influenza sulle sue decisioni, come pure gli era preclusa la possibilità di contrarre amicizie con cittadini del Comune (come si riporta nel Rogita et instrumenta et electiones officialium, in cui si ufficializza l’elezione a Podestà di Tannuccio degli Ubaldini nel 1348).

Durante la fase di primazia dell’anzianato (post 1254), il Podestà e il Capitano del Popolo erano eletti con incarico annuale dagli Anziani e da un consiglio di ‘sapientes’ anch’esso nominato dagli Anziani con il compito di fornire indicazioni sulle stesse modalità di elezione. Nel 1305 si dispone per legge una procedura atta a individuare al di fuori del Comune figure idonee a ricoprire la carica podestarile: nell’aprile di quell’anno il Podestà Alberto di Porta Lodi di Pavia impostò una procedura attraverso la quale due cittadini di Pisa eletti dagli Anziani venivano investiti del compito di recarsi in Lombardia e in altri luoghi della Penisola per individuare personalità fungibili alla carica. Tuttavia, se la variazione geografica era auspicata e persino ricercata (non si ha notizia di figure autoctone dopo il 1286), il candidato non poteva esprimere un profilo politico diverso da quello ghibellino, in ossequio alla lunga tradizione di sostegno della politica imperiale manifestata dal Comune pisano. L’atto di nomina, come riportano diversi documenti dell’epoca (nonché le cronache storiche) avveniva nel Palazzo degli Anziani (attuale Palazzo della Carovana) al cospetto dei dodici Anziani e dei cancellieri dell’Ordine e del Comune, mentre la cerimonia di giuramento avveniva nella sala di detto palazzo o in chiesa. L’ingresso del Podestà in Pisa era accolto dalle autorità rappresentanti le magistrature locali che lo scortavano nel suo palazzo. Almeno dal 1301, questo è identificabile con la struttura ad arcate e pilastri oggi incorporata nel cosiddetto Palazzo del Capitano, una delle sedi della Biblioteca della Scuola Normale Superiore, delimitata da Via Ulisse Dini, dalla Piazzetta San Felice e da Via del Castelletto. Abbiamo scarse notizie delle sue fattezze originali. Tuttavia, da ricerche inedite conservate tra le Carte Lupi depositate presso l’Archivio di Stato di Pisa, si riportano significativi particolari degli interni: qui era presente, ad esempio, la sala dove avvenivano le discussioni del Senato e dove, a seguito di una seduta del 1321, fu deliberato che sulle sue pareti interne venisse ritratto «chi fosse bandito o carcerato per fallimento […] o per frode a danno di creditori». Si tratta di un caso di pittura infamante, poco o per nulla noto, della storia pisana.

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