Capitano del Popolo

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Capitano del Popolo

[XIII-XV secc.]

La magistratura del capitanato del Popolo nacque al termine di un lento percorso attraverso il quale il popolo pisano, perlopiù impegnato nel commercio o nell’artigianato, cercò di essere rappresentato nel governo cittadino e di far sentire la propria voce.

Fu in particolare fra il terzo e il quarto decennio del secolo XIII che l’assemblea plenaria dei cittadini (commune colloquium civitatis) crebbe di peso politico, lavorando col podestà negli atti di governo più importanti e aprendosi a includere esponenti dell’élite militare (societas militum), della gilda dei mercanti di mare (Ordine del mare) e di quella dei mercanti attivi sulla terraferma (Ordine dei mercanti). Arrivò così ad accogliere venticinque uomini per ogni quartiere cittadino. La ‘comunità’ iniziò ad avere un ruolo chiave, tanto da ottenere all’inizio del 1233 anche l’inserzione di alcuni capitoli dei suoi statuti in quelli comunali. Nel 1235 la nobiltà tentò di porre fine all’originale forma di governo che si andava costituendo, cercando di restaurare il regime consolare; nel 1237, tuttavia, nobili e organi di rappresentanza popolare giunsero a un accordo che poi durò per più di un decennio. In questi anni nel Senato cittadino confluirono parecchi uomini nuovi e la concordia ordinum fu mantenuta all’insegna dell’appoggio all’imperatore Federico II di Svevia, favorevole a Pisa. Il numero dei membri del consiglio generale era nel tempo aumentato, fino a registrare, nel 1247, cento rappresentanti per quartiere, coinvolgendo un totale di quattrocento cittadini. Accanto ai consoli rappresentanti le due arti maggiori, inoltre, presero posto i consoli delle quattro arti minori (pellai, calzolai, pellicciai e fabbri). È questa la definitiva apparizione sulla scena politica pisana del Popolo.

Dopo la morte di Federico II (1250), la concordia interna finì e tornarono le lotte fra grandi nobili (i Visconti e i Della Gherardesca impegnati a contendersi la Sardegna), nonché i contrasti con le altre città toscane, ma nel 1254, alla negoziazione di una pace con Firenze, schierata con Lucca e Genova, comparivano per la prima volta gli Anziani del Popolo ad affiancare il podestà. Infine, il 2 dicembre dello stesso anno è documentato il capitano del Popolo, rappresentante eletto dagli Anziani a partire da una terna di nomi. Il rapporto tra le due magistrature fu garantito almeno inizialmente anche dal comune utilizzo del complesso di fabbriche indicato nella sua prima menzione documentaria del 1261 come «palatium Populi de septem viis», quindi dal 1280 come «palatium capitanei et antianorum Pisani Populi» (ovvero il Palazzo degli Anziani).  Se è confermato che nel corso del primo Trecento più volte il capitano del Popolo avrebbe trovato ospitalità, in casi eccezionali, nella Torre della Fame, è stata invece messa di recente in discussione la destinazione a questo magistrato dal 1327 del cosiddetto Palazzo del Capitano del Popolo, affacciato su Piazza degli Anziani (poi Piazza dei Cavalieri).

Come il podestà, il capitano doveva essere forestiero. Aveva il compito di curare degli interessi dei popolani verso i nobili, ma non doveva necessariamente appartenere al Popolo e poteva anche essere scelto fra i nobili. Questa cura si manifestava anche nell’ingerenza nelle questioni giudiziarie di competenza del podestà: qualora avesse notato irregolarità o ingiustizie poteva ordinare la revisione dei processi portati avanti da questi. Il capitano doveva presiedere ai vari consigli del governo cittadino, specialmente quelli del Popolo e degli Anziani. In tempo di guerra, inoltre, era il supremo comandante delle forze militari. Fra (circa) il 1250 e il 1270 l’importanza del Popolo rivoluzionò le strutture comunali pisane. Da questo momento, anche il potere legislativo subì una redistribuzione e fu affidato a una struttura bipartita: il consiglio del Senato e il consiglio della Credenza, convocati dal podestà, avevano la facoltà di formulare le leggi, ma la ratifica spettava al consiglio del Popolo, convocato dal capitano del Popolo. Tale sistema rimase in vigore fino al 1406, ovvero fino all’avvio del dominio fiorentino.

Sebbene il mandato del capitano fosse annuale e non potesse essere rinnovato, non era infrequente che gli Anziani assegnassero mandati più lunghi, in genere in relazione a momenti di crisi o guerre. Così, fra la fine del Duecento e il primo Trecento, i poteri straordinari di podestà, capitano del Popolo e capitano di guerra furono affidati a Guido da Montefeltro (1289-1292), con mandato triennale, a Galasso suo cugino, con mandato annuale esteso poi di cinque mesi (1292-1294) e, più avanti, a Uguccione della Faggiuola (1313-1316). La possibilità di attribuire notevoli poteri a una singola persona e di ammettere l’iterata partecipazione di alcuni alle cariche pubbliche fece sì che Pisa, nel corso del XIV secolo, sperimentasse più volte regimi signorili, i quali tuttavia non giunsero mai a sopprimere l’autorità degli organi repubblicani. Fino al 1347, ad esempio, i conti di Donoratico ricevettero a più riprese straordinari poteri di governo, rispettando però sempre le strutture politiche pisane. Gherardo di Bonifazio della Gherardesca, fra gli altri, servì come capitano del Popolo per diversi mesi. Allo stesso modo, verso la fine dell’autonomia pisana, il potere signorile di Pietro Gambacorti e Iacopo d’Appiano si espresse tramite il rivestimento del capitanato del Popolo, anche sotto alla dicitura straordinaria di capitano di guerra e difensore del Popolo.

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Copyright:
Foto di Giandonato Tartarelli, Scuola Normale Superiore. Su concessione del Ministero della Cultura – Direzione generale Archivi. Con divieto di ulteriore riproduzione o diffusione
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