Pietro Francavilla (italianizzazione di Pierre Francqueville) nasce a Cambrai nel 1548, ma buona parte della sua carriera è legata alla città di Firenze, dove si afferma come uno dei principali collaboratori di Jean Boulogne detto il Giambologna, il più celebre esponente della scultura manierista italiana.
Dopo una lunga e discontinua formazione tra Parigi, Innsbruck e Roma, nel 1572 il giovane giunge nel capoluogo toscano grazie a una lettera di raccomandazione per lo scultore fiammingo, che lo accetta nel suo atelier e gli garantisce commissioni e contatti anche oltre i territori granducali, come a Genova. Lo stile personale di Francavilla, fondato sul gusto estetizzante della Scuola di Fontainebleau, è distante da quello del maestro, al quale l’artista di Cambrai si accosta pragmaticamente facendo correre la propria produzione su un doppio binario: da una parte quella all’interno della bottega, dove esegue i modelli di Giambologna; dall’altra quella indipendente, soprattutto incentrata sulla creazione di figure mitologiche, molto ammirate per l’ingentilimento del modello antico.
Intorno al 1590 un documento lo menziona come «scultore di sua altezza serenissima», Ferdinando I de’ Medici, che lo impiega nella diffusione della propria immagine nelle principali città toscane. Un esempio in questo senso potrebbe essere il busto del granduca, ancora oggi conservato dentro il Palazzo dei Dodici, riferito tradizionalmente a Francavilla. Questa produzione encomiastica è condotta sotto l’egida del maestro in una non facile gestione del rapporto tra ideazione di questi ed esecuzione del nostro. In particolare, alla base della sua nomea di cattivo imitatore della maniera giambolognesca sono tre monumenti che realizza tra il 1594 e il 1595: ad Arezzo l’effigie stante in marmo di Ferdinando I; a Pisa il gruppo con Ferdinando I che risolleva la città di Pisa e la statua di Cosimo I in veste di gran maestro dell’Ordine di Santo Stefano. Confrontandoli con opere indipendenti – ad esempio il Giasone con il vello d’oro (già Zanchini, oggi a Firenze, Palazzo Ricasoli), o l’Apollo alla Walters Art Gallery di Baltimora –, si comprende come questi monumenti nascano da un compromesso tra il modello del maestro, il genere del ritratto ‘di stato’ e la ricerca personale da parte Francavilla di un decorum classicheggiante, fondato su una semplificazione formale che tende alla rigidità.
Ferdinando I risolleva Pisa è il più indicativo a proposito. Collocato originariamente sul Lungarno e spostato solo nella seconda metà dell’Ottocento in Piazza Carrara, il gruppo è composto dall’effigie del granduca, fortemente in debito con l’esempio giambolognesco (che condiziona anche il monumento aretino), e dalla figura allegorica di Pisa «in atto di essere sollevata da quel monarca», ideata da Francavilla traducendo senza rigidità la complessa iconografia tradizionale della città. L’iter creativo e le responsabilità esecutive dello scultore si comprendono in particolar modo considerando il bozzetto fittile del Louvre (Département des Sculptures du Moyen Age, de la Renaissance et des temps modernes, RF 1050), tradizionalmente riferito a Giambologna, ma oggi ricondotto a Francavilla stesso, dove la doppia paternità dell’opera è ribadita nel basamento: «IOANNIS /BONONIA / BELGAE / ARCHETYPUS / SIGNI» e «A PETRO / FRANCAVILLA / MARM[o] RED[dendi] / PISISQ[ue] POS[iti] MDL XXXXIIII» (‘modello della statua [di Ferdinando I] di Jean Boulogne, belga, realizzata da Pierre Franqueville in marmo e installata a Pisa nel 1594’).
È per eseguire questo monumento che nel 1594 Francavilla si reca a Pisa, dove si fermerà alcuni anni (inizialmente dimorando nel Palazzo della Canonica), diventandone il principale scultore, tanto da essere attivo anche nella Primaziale di Santa Maria Assunta e fornire formelle destinate ai suoi portali bronzei e modelli di statuette per il suo nuovo ciborio. Ma, soprattutto, nel 1595 Ferdinando I lo incarica di concludere alcuni cantieri aperti in Piazza dei Cavalieri, ad iniziare dal suo punto focale, la statua di Cosimo I. Eretta in coincidenza dello sbocco dell’acquedotto mediceo, voluto dallo stesso granduca, è integrata da una fontana che nel suo bizzarro polimorfismo tradisce un evidente carattere giambolognesco. Ferdinando, riporta lo storico tardo seicentesco Filippo Baldinucci con qualche imprecisione, «volle ancora che si facesse con suo modello il palazzo de’ priori della stessa religione [di Santo Stefano] sopra la medesima piazza», con riferimento all’attuale Palazzo dei Dodici, concesso all’Ordine solo allo scadere del diciassettesimo secolo. Nel progettarne la facciata, conclusa nel 1603, ma iniziata almeno a partire dal 1595 (a differenza di quanto solitamente affermato in bibliografia), Francavilla non mancò di fare riferimento alla contemporanea architettura romana.
Sempre secondo Baldinucci, nella città toscana Francavilla emerge come una figura culturale di spicco e frequenta lo Studio Pisano: si dedica in particolare alla Geografia, acquisendo le basi tecnico-scientifiche per realizzare una serie di strumenti (uno squadro astronomico o un dispositivo per il monitoraggio delle maree), e all’Anatomia, realizzando modelli fittili e polimaterici (in carta e legno) del corpo umano femminile e maschile. Il biografo fiorentino insiste molto sull’ottimo inserimento dello scultore in questo contesto urbano, grazie alle sue maniere affabili, che «fecero sì ch’egli si cattivasse talmente gli animi di quei cittadini, che non contenti d’essergli sempre attorno, a virtuoso e piacevole trattenimento, vollero anche ascriverlo alla pisana cittadinanza», nel 1597.
Non è in Toscana che lo scultore riceve però i massimi onori: nel 1598 un suo Orfeo arrivato a Parigi impressiona Enrico IV, che lo convoca come scultore regio, carica che l’artista mantiene fino alla morte, nel 1615, poco prima di completare la sua ultima fatica, il Monumento equestre del sovrano a Pont Neuf. Caratterizzata da «una elegante inscrittione» (come ricorderà l’abate Giovanni Battista Pacichelli nella seconda metà del Seicento), la statua bronzea sarà distrutta durante la Rivoluzione francese.
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