Di nobile stirpe senese e figlio di un cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano, Azzolino Bernardino della Ciaia nacque a Siena il 21 maggio 1671. Il padre, Andrea, lo avvicinò fin da bambino alle attività dell’Ordine, facendolo addirittura ammettere, a soli tre anni, tra i paggi senesi del gran maestro Cosimo III de’ Medici e destinandolo a vestire l’abito di cavaliere all’età di sette anni, il 1º novembre 1678. Fu tuttavia solo al compimento dei diciassette anni che Azzolino poté iniziare a prestare servizio come milite sulle navi stefaniane, coltivando al contempo l’interesse per gli studi musicali, che lo avevano visto dapprima, ancora giovinetto, cantare tra i chierici dell’Ordine e più tardi prendere parte a vari oratori a più voci e dare alle stampe salmi, cantate da camera e sonate per cembalo, composti per diletto nei ritagli di tempo o andando in carovana per mare.
A Pisa il suo nome si lega anche alla messa in opera di uno degli organi che tuttora si possono ammirare nella chiesa di Santo Stefano. Infatti, dopo essere stato per quasi un decennio membro del Consiglio dell’Ordine, nel 1713 Della Ciaia fu inviato da Cosimo III a Roma, dove rimase per diciassette anni e dove, oltre ad assolvere ai suoi impegni istituzionali al servizio del principe Colonna, gran contestabile del Regno di Napoli, residente ai Santi Apostoli, finanziò e coordinò la realizzazione di un organo a due tastiere. Questo, condotto con sé al suo rientro a Pisa nel 1730, sarebbe divenuto parte di un più grande progetto che avrebbe portato alla fusione dell’esemplare romano con quello seicentesco all’epoca già presente nell’edificio, opera dell’organaro Cosimo Ravani (1618), con l’aggiunta di varie altre componenti strutturali.
Il granduca Gian Gastone de’ Medici accolse infatti nel 1733 la proposta di Della Ciaia di unire i due strumenti in un unico elemento monumentale, secondo un piano operativo poi ampliato in corso d’opera, con l’annesso spostamento dall’originale posizione in cornu epistolae (guardando l’altare, a destra), verso una più spaziosa soluzione in cornu evangelii (dove si trova tuttora, entrando a sinistra dell’altare), che determinò a sua volta la movimentazione sul lato opposto dell’organo cinquecentesco, realizzato su disegno di Giorgio Vasari da Onofrio Zeffirini e Nigi della Neghittosa. I lavori di montaggio del nuovo organo furono lunghi e complessi e coinvolsero numerose maestranze specializzate, giunte a Pisa da ogni parte d’Italia; tra queste, gli organari napoletani Filippo Basile e Felice e Fabrizio Cimino, il lucchese Domenico Cacioli e il fiorentino Lorenzo Nelli (o Negli), mentre il romano Filippo Testa, scomparso nel 1726, aveva contribuito alla realizzazione di alcuni registri (nazardo, clarone e tromba) del primo organo fatto costruire da Azzolino durante il soggiorno nell’Urbe, e il legnaiolo Andrea Andrei ne aveva invece intagliato la cornice lignea dorata.
Lo strumento, ancora non del tutto ultimato, fu inaugurato nel novembre 1737 per accompagnare l’omaggio dei Cavalieri al defunto granduca e gran maestro Gian Gastone de’ Medici, in occasione delle solenni celebrazioni in memoria di quest’ultimo organizzate all’interno della chiesa pisana; esso recuperava le tradizionali tastiere multiple (quattro, più una quinta per il salterio) degli organi di area francese e fiamminga, di cui Azzolino poteva aver ammirato qualche esemplare dal vivo negli anni di viaggi al servizio dell’Ordine. Dai modelli d’Oltralpe derivavano poi anche alcuni registri (componenti dell’organo), costruiti da Della Ciaia in persona.
Ordinato nel 1734 sacerdote e nominato diacono della chiesa di San Matteo a Pisa, l’uomo, che negli ultimi anni di vita aveva manifestato problemi di salute, morì nel suo appartamento presso il Palazzo della Canonica il 15 gennaio 1755. In suo onore i cavalieri organizzarono, come da prassi, delle solenni esequie cantate, che ne accompagnarono la sepoltura all’interno della chiesa dell’Ordine: un fatto abbastanza raro, che ben testimonia l’elevata considerazione di cui egli godeva. La lapide iscritta che gli fu dedicata, tuttora visibile sul pavimento dell’ambiente antistante la cappella del Santissimo Sacramento, ne ricordava il contributo per la fornitura dell’organo. Erede universale del suo patrimonio, in gran parte composto di «carte musicali stampate e non stampate e tutti i libri, che trattano ex professo di musica, con tutte le cartelle da comporre; siccome una cassetta che tiene in Roma con entrovi i rami tutti dell’opera sua quarta», fu il maestro di cappella della stessa chiesa di Santo Stefano, Antonio Renzini.
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