Nato il 25 marzo 1541, Francesco de’ Medici fu il figlio primogenito di Cosimo I e di Eleonora di Toledo e divenne dal 1674 granduca di Toscana. La sua effigie marmorea campeggia sulla facciata del Palazzo della Carovana.
Prima che nella cura dello stato mediceo, la gioventù di Francesco trascorse tra gli studi tradizionali e i numerosi viaggi, cui il padre volentieri lo instradava confidando così di poterlo educare alle pratiche e alle consuetudini della vita politica, come d’altronde aveva consigliato Fernando Álvarez de Toledo, terzo duca d’Alba, alla cugina Eleonora: «scrivete al duca ch’io vorrei che Sua Eminenza […] li faccia vedere il mondo, lo mandi in Francia, in Germania, in Fiandra, e qua, dove venga costumi e città diverse dalla sua; perché così facendo Sua Eminenza lo vedrà tornare un altro omo». Oltre a numerose mete nella penisola italiana – Roma, Genova, Venezia –, Francesco raggiunse a ridosso dell’estate del 1562 la corte di Madrid dove spese diciotto lunghi mesi, ospite di Re Filippo II.
Francesco fu reggente del principato mediceo dal 1° maggio 1564, quando Cosimo I gli affidò gli affari di stato, riservando per sé la possibilità di intervenire in materia di politica estera. Ricorrenti furono però i suoi dissidi con l’austera e salda figura di Cosimo, che biasimava la condotta del figlio, nonché le sconvenienti scelte sentimentali: ritenendo indecoroso l’affaire intrattenuto dal figlio con la veneziana Bianca Cappello, Cosimo manovrò le nozze tra Francesco e l’arciduchessa d’Austria Giovanna d’Asburgo, figlia di Ferdinando I, imperatore del Sacro Romano Impero.
Il matrimonio fu celebrato in pompa magna a Firenze, nell’inverno 1566, con una maestosa scenografia effimera concepita da Giorgio Vasari su un intricato programma ideato da Vincenzo Borghini e incentrato su “Il trionfo de’ sogni”. All’artista aretino e al letterato fiorentino Francesco tornò ad affidarsi nel 1570 affinché, insieme, dirigessero il cantiere del celebre Studiolo di Palazzo Vecchio a Firenze e coordinassero lo stuolo di pittori e scultori chiamati a collaborare all’impresa decorativa del suo prezioso camerino: uno scrigno cesellato di pitture, impreziosito poi di naturalia e altre curiosità che il rampollo Medici soleva collezionare.
Il giovane principe assurse finalmente al pieno governo di Toscana nel 1574 alla morte del padre, accantonando gli attriti con lui e ponendosi di fatto in continuità con la talora intransigente politica paterna. Nello stesso anno, poiché il magistero dell’Ordine cavalleresco di Santo Stefano, fondato da Cosimo I nel 1562 e approvato con bolla papale da Pio IV, era prerogativa del granduca e dei suoi successori, Francesco I assunse anche l’ufficio di gran maestro dell’Ordine. Da un avviso del 4 dicembre si evince in particolare che il Medici, subito dopo aver acquisito questo titolo, stava vagliando la possibilità di dare «per residenza l’Isola dell’Elba per difesa di quelle marine» ai Cavalieri di Santo Stefano, salvo poi decidere di ratificare l’anteriore risoluzione del defunto padre e mantenere il quartier generale dell’Ordine in Piazza dei Cavalieri. Nel 1576, per intercessione del Re di Spagna, il giovane granduca ottenne la conferma e il riconoscimento del titolo granducale anche da parte dell’imperatore Massimiliano II d’Asburgo.
All’avvenuta morte della granduchessa Giovanna, nel 1578, per terribili complicanze durante un parto che non ebbe esito, Francesco non tardò a sposare, un anno dopo, Bianca Cappello. La nobildonna veneta era però invisa alla famiglia e alla corte medicea: avverso a lei era anzitutto il cardinale Ferdinando de’ Medici (1549-1609), fratello minore di Francesco. Il granduca morirà quarantatreenne nella sua Villa di Poggio a Caiano il 20 ottobre 1587, colpito da una febbre malarica che non risparmierà neppure la moglie Bianca, il cui trapasso seguirà a strettissimo giro quello del marito (fatto questo che ha alimentato, nei secoli, teorie molto fantasiose). A succedergli nella gestione del granducato sarà, nel 1588, proprio Ferdinando, sebbene Bianca si fosse fregiata del merito di aver dato l’unico erede legittimo, don Antonio, al consorte.
Come sembra di capire dall’epistolario di Francesco e di alcuni funzionari gravitanti attorno a lui e a Cosimo I, è per l’inesorabile aggravarsi delle condizioni di salute di quest’ultimo – «ricoverato» nel Palazzo Medici in Piazza San Matteo – che Francesco si reca a Pisa per brevi soggiorni, tra il 1573 e il 1574. Prima di allora, e in particolare tra il 1564 e il 1565, sembra che Francesco fosse solito sbrigare a distanza (ossia sostanzialmente da Firenze o da Poggio a Caiano) gli affari pisani, dimostrando particolare alacrità soprattutto nel potenziamento del cantiere degli Arsenali Medicei e nell’arricchimento delle collezioni botaniche del Giardino dei Semplici. La frequentazione di Pisa da parte di Francesco si fa forse più assidua dopo le nozze con Bianca Cappello che, come apprendiamo da una lettera a lei destinata dal fratello Vittorio, si sarebbe trattenuta «forse tutto carnevale con feste et altri passatempi» a Pisa, nella primavera del 1582.
Gli interventi di Francesco nella configurazione edilizia dell’area urbana consistettero sostanzialmente nella prosecuzione dei progetti lanciati dal padre e messi in opera da Vasari e dall’ingegnere David Fortini che dal 1574, anno della morte dei primi promotori del rinnovamento della piazza, sarà il più autorevole depositario e vettore dei loro progetti. Nel descrivere il cantiere di Piazza dei Cavalieri negli anni del gran magistero di Francesco I (1574-1587), Eva Karwacka Codini ha ravvisato, oltre che un generale rallentamento, una forte insistenza, da parte del granduca, a contrassegnare la piazza pisana e i suoi edifici in senso mediceo: è possibile infatti che l’iniziativa di inserire i ritratti in marmo dei granduchi entro nicchie scavate sulla facciata del Palazzo della Carovana debba essere riconosciuta a Francesco I, piuttosto che al suo successore Ferdinando I. Non è possibile determinare con certezza, infatti, se il primo documento relativo alla galleria marmorea dei ritratti granducali – un pagamento del 16 aprile 1588 effettuato dallo scultore Ridolfo Sirigatti per «un pezzo di marmo per fare la testa della b[eata].m[memoria]. del Gran Duca Cosimo» – vada letto secondo il sistema del calendario pisano, o secondo quello fiorentino: in quest’ultimo caso l’incarico di confezionare il busto apripista della serie, quello di Cosimo I, ricadrebbe nell’ultimo anno di vita di Francesco.
In questi anni si va poi perfezionando la chiesa conventuale di Santo Stefano, già consacrata nel 1567: in particolare, in una lettera datata 24 aprile 1574 l’agente mediceo a Venezia, Orazio Urbano, metteva al corrente Francesco I di aver rinnovato il rapporto di lavoro con il mastro vetraio Giovanni della Fenice, che «altra volta fece in Pisa i vetri per le finestre della chiesa de’ Cavalieri» bianche con fregio colorato e stemma mediceo.
Sebbene non fosse ancora dotata di una facciata, nel 1585 la chiesa conventuale non mancò di destare viva ammirazione nei missionari giapponesi che presero parte alla prima missione diplomatica in Europa, l’ambasciata Tenshō, degnamente accolta da Francesco I al porto di Livorno, e da questi condotta sino a Pisa. Nel resoconto di viaggio, infatti, i missionari annoveravano tra le meraviglie viste a Pisa la chiesa destinata all’«adunanza di quelli che vengono chiamati cavalieri di Santo Stefano», definendola un’architettura «notevole», sontuosa per le «molte sacre reliquie, un ricchissimo tesoro, un armadio pieno di ogni specie di armi».
Iscriviti alla newsletter di Piazza dei Cavalieri
e resta aggiornato sui progressi e sulle novità del progetto.