Il Palazzo dell’Orologio si sviluppa su cinque piani, comprensivi di quello a terra e di un mezzanino – tra il secondo e il terzo piano –, più un seminterrato, dove giunge il tunnel che collega l’edificio al Palazzo della Carovana.
Il secondo piano è caratterizzato da soffitti più alti, pregiati camini e una copertura a cassettoni dipinti risalente al restauro in stile neogotico del 1919, a cui si deve anche l’inserimento della quadrifora.
La distribuzione degli ambienti sui due corpi principali non è uniforme, non solo perché entrambi sono innestati sopra preesistenti strutture medievali, ma anche per le travagliate vicende del palazzo, che ha subito nei secoli una parcellizzazione delle strutture dovute a diversi passaggi di proprietà.
Non conosciamo la conformazione interna del palazzo al momento dell’edificazione, avvenuta su progetto di Cosimo Pugliani tra il 1603 e il 1608, ma è possibile ricostruirne la distribuzione e le funzioni alla metà Settecento grazie ad alcune piante redatte da Michele Piazzini, poco prima dell’inizio di una nuova campagna di lavori.
Leggendo le accurate indicazioni di Piazzini si evince che nel seminterrato uno degli ambienti del corpo sinistro era riservato alla cantina del gran conservatore dell’ordine, mentre il piano terra ospitava alcuni locali di servizio connessi all’attività del commissario e del gran priore e gli alloggi di alcuni ‘cavalieri anziani’. Altri risiedevano al primo piano, dotato anche di una sala comune; il mezzanino sinistro era adibito a quartiere del gran conservatore, laddove altri alloggi per i cavalieri anziani e una stanza riservata al commissario occupavano il mezzanino destro. Il secondo piano era organizzato nella stessa maniera del primo.
Dopo la prima abolizione dell’ordine (1808), il palazzo venne annesso dai francesi al Demanio e nel giro di pochi anni venduto per due terzi a privati e per un terzo all’Opera del Duomo; fu poi ceduto a stretto giro ad Alessandro Sproni (una parte nel 1811 e l’altra nel 1816). Nel 1877 l’edificio fu venduto a Piero Finocchietti e, dopo alcuni passaggi ereditari, fu acquistato dal conte Alberto della Gherardesca (1919), responsabile del già citato restauro neomedievale e della messa a nudo delle preesistenze decorative sulla facciata.
Con l’acquisto da parte della Scuola Normale Superiore (1970) e il successivo restauro, il palazzo è stato adibito a Biblioteca dell’istituzione e tradizionalmente ospita parte dei fondi delle discipline umanistiche. Recentemente si è concluso, in questo stratificato tessuto architettonico, un nuovo allestimento eseguito su progetto dello ‘Studio Nuvola B architetti associati’ sotto la supervisione dell’Area Edilizia e Manutenzione della Normale, portato a termine nell’arco di alcuni anni e premiato nel 2024 al primo posto della categoria ‘Opera di allestimento e di interni’ del IV Premio Architettura Toscana per la capacità di coniugare «efficienza funzionale con interventi architettonici semplici, puliti ed identificativi».
Al piano terra del corpo destro si trova lo spazio museale Torre del conte Ugolino, utilizzato occasionalmente per mostre temporanee. Le strutture della torre, valorizzate dal restauro eseguito tra gli anni Settanta e Ottanta, attraversano verticalmente il palazzo e sono godibili attraverso un sistema di ballatoi.
All’ultimo piano è conservato – a vista – il meccanismo di funzionamento dell’orologio che orna la facciata.
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