Fra le rarissime tracce di decorazione medievale nei palazzi che un tempo furono sede del potere comunale pisano, il frammento con la Madonna e il Bambino, con angeli e santi, oggi ospitato nella Sala Azzurra del Palazzo della Carovana, offre un’interessante testimonianza delle molte immagini devozionali a soggetto sacro che un tempo popolarono questi ambienti.
L’opera, di dimensioni contenute (116 x 69 cm, ma va osservato che l’affresco si presenta oggi ridimensionato su tutti i lati), fu rinvenuta fra il 1979 e il 1980 in una nicchia murata al secondo piano del palazzo e tanto il soggetto quanto la collocazione si confanno a una piccola edicola posta in una zona di passaggio, eretta a protezione di coloro che frequentavano gli ambienti dell’edificio. ’iconografia assomma il tipo della Madonna dell’Umiltà, seduta per terra, sebbene su un comodo cuscino, e quello della Madonna allattante o Virgo Lactans, con il Bimbo in fasce che sugge il latte dal seno materno. Due angeli sollevano un drappo d’onore a tergo dei due personaggi principali, mentre in basso, come in una predella, si dispongono tre santi, fortemente decurtati. Se il santo al centro può essere agevolmente identificato con Cristoforo, per via del Bimbo portato sulla spalla, e quello a sinistra con sant’Antonio Abate, la santa a destra è di difficile identificazione e non presenta attributi notevoli, ma potrebbe essere una santa martire. Recentemente, è stato proposto ipoteticamente che si tratti di una Santa Restituta, martire africana vissuta fra III e IV secolo, il cui culto a Pisa ebbe un forte quanto effimero rilancio al tempo della signoria di Pietro Gambacorta (1369-1392), che aveva riportato un successo militare nella notte fra il 20 e il 21 maggio del 1370, festa della santa. La difficoltà di corroborare l’intrigante ipotesi, tuttavia, spinge a usare cautela.
All’indomani del rinvenimento, la pittura murale fu strappata e, al di sotto di essa, fu rinvenuta la sinopia, molto essenziale, che forse permette di indurre una prima idea, secondo la quale i santi si disponevano sotto tre archetti, poi abbandonati in favore di un semplice fondo blu arricchito da stelle, ora a mala pena leggibili. In passato l’affresco, di qualità non eccelsa, è stato attribuito a Neruccio Federighi, un pittore mediocre nella Pisa della seconda metà del Trecento, forse allievo di Giovanni di Nicola; tuttavia, lo stato conservativo e la qualità dell’opera, quasi di livello artigianale, non consentono di dire di più sull’esecutore. È tuttalpiù possibile collocare la testimonianza artistica fra le molte che ripetono stancamente modelli della pittura pisana di secondo Trecento, in particolare seguendo i modi di Francesco Neri da Volterra e di Cecco di Pietro.
Nei palazzi pubblici medievali toscani che hanno conservato maggiormente vestigia della loro decorazione antica, quali quello di Prato, quello di Pistoia, quello di Volterra, senza contare Siena, sovente sopravvivono dipinti devozionali anche di formato minore, commissionati dalle magistrature o da singoli personaggi i quali, per lasciare traccia del loro governo, commissionavano il proprio stemma oppure un dipinto del genere, magari corredato a sua volta di epigrafi dedicatorie o blasoni. Il piccolo lacerto pisano si imparenta a quelle pitture e restituisce solo una pallida idea del complesso di affreschi che nel Medioevo ornò il Palazzo degli Anziani. A fronte della perdita pressoché totale delle pitture murali antiche del palazzo, tuttavia, alcuni documenti ricordano la presenza di un affresco raffigurante la Madonna col Bambino fra i santi Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Ranieri, eseguito nel 1320 in un ambiente che si affacciava su Piazza delle Sette Vie. Pochi anni dopo, inoltre, Francesco Traini, il più importante pittore pisano della prima metà del Trecento, veniva pagato per la pittura di un’immagine mariana nella sala degli Anziani (1323).
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