Il monumento e la fontana antistante al Palazzo della Carovana furono commissionati da Ferdinando I de’ Medici per eternare l’operato del padre Cosimo, fondatore dell’Ordine di Santo Stefano. Per il granduca l’operazione costituiva il completamento dell’arredo urbano della Piazza dei Cavalieri e lo sbocco monumentale del condotto «della Religione» o «de’ Cavalieri», come è definito nei documenti d’archivio. Ferdinando fece costruire questo acquedotto tra il 1592 e il 1598 per assicurare l’approvvigionamento idrico a diverse parti della città e soprattutto alle strutture dell’ordine; un’iniziativa che si inseriva nel solco dei progetti paterni. Questa comunità di intenti è palesata dalle iscrizioni sulle due facce del piedistallo su cui poggia la statua, con riferimento tanto al committente quanto all’effigiato:
«FERDINANDO MED. / MAG. DVCE ETR. ET / ORD. MAG. MAGIST. / III FELICITER / DOMINANTE / ANNO DOMINI /MDXCVI»
«ORDO EQ. S. STEPH. / COSMO MEDICI M. /DUCI ETR. CONDITORI / ET PARENTI SVO / GLORIOSISS. PERP. / MEM. C. STATUAM E / MARMORE COLLO / CAVIT»
Sulle altre facce del piedistallo sono raffigurati uno stemma mediceo stefaniano e la croce di Santo Stefano.
Cosimo è ritratto stante, con il piede sul delfino che simboleggia il dominio di Firenze e dell’ordine stefaniano sui mari e da cui, secondo un primo progetto, doveva fuoriuscire il getto d’acqua. Il granduca indossa un’armatura integrale con decorazioni a rilievo: sul torso la croce di Santo Stefano si sovrappone a bande con emblemi e trofei guerreschi, riprendendo dunque motivi dalla facciata graffita; lo stesso tipo di decorazione è sui cosciali e sui ginocchielli, mentre sullo spallaccio sinistro è raffigurato il Capricorno, segno zodiacale caro al granduca; al collo porta il Toson d’Oro, simbolo dell’omonimo ordine cavalleresco a cui prese parte per concessione dell’imperatore Carlo V. Il lungo mantello dalla spalla sinistra ricade sul retro, per poi avvolgere il fianco destro e la gamba corrispondente. Stando alle fonti antiche e alle relazioni di restauro, nella mano destra il granduca doveva reggere la spada, il cui fodero è agganciato al fianco opposto, mentre nella sinistra – l’indice è parzialmente perduto – stringe un fazzoletto.
La fontana ha un’iconografia molto particolare: dalla bocca del fantoccio – detto anche ‘Gobbo’ –, irrimediabilmente rovinato dal tempo, fuoriesce un primo getto d’acqua, che ricade nella piccola vasca che egli sosteneva con le braccia. Il secondo bacino è invece sorretto da un mostro marino con le gambe e il torso umani e la testa a forma di granchio apposta su una struttura a foggia di conchiglia dotata di ali.
L’autore della statua del granduca è Pietro Francavilla, artista di origini francesi attivo nella piazza anche come architetto. Egli scolpì la statua tra il 1594 e il 1596, seguendo gli esempi del maestro Giambologna ma traducendoli in forme più rigide e stereotipate. La fontana ebbe invece una gestazione più lunga: la vasca fu inizialmente affidata a Ridolfo Sirigatti, ma poiché il risultato fu giudicato deludente dal consiglio dell’ordine – «piccola e meschina» –, fu subito riallogata con ogni probabilità allo stesso Francavilla, a cui la attribuiscono le fonti.
Gli scrittori di guide e i viaggiatori sette-ottocenteschi hanno spesso espresso un giudizio negativo sul ritratto di Cosimo, esemplificato dall’affermazione lapidaria del barone di Montesquieu: «al centro della piazza c’è una bruttissima statua d’un granduca, non so quale». La fontana invece ha solleticato l’immaginario ed è stata oggetto di maggiori attenzioni, sia per quanto riguarda l’iconografia che la fattura. Pandolfo Titi si spinse addirittura a ipotizzare un modello michelangiolesco per le gambe del mostro e le braccia (oggi invalutabili) del fantoccio.
La condanna della statua ha accomunato pure la critica novecentesca, che però ha spostato il focus dal giudizio su un’epoca (il tardo manierismo) a quello sull’artefice. La statua infatti va messa in relazione con un gran numero di effigi granducali, tese a manifestare il potere mediceo, che Ferdinando commissionò a Firenze e in altri centri del granducato. Nel caso specifico di Pisa, l’immagine di Cosimo costituisce una sorta di pendant con il gruppo di Pisa sollevata dal granduca Ferdinando (1593), un tempo davanti a Palazzo Reale e dal 1872 a Piazza Carrara, eseguita da Francavilla su modello di Giambologna, e dunque meno impacciata e più elegante nella posa rispetto a quella di Cosimo. La particolarità della fontana è stata invece connessa a sperimentazioni coeve che gli scultori attivi per i Medici stavano praticando nei giardini di Boboli e Pratolino.
La statua di Cosimo è stata restaurata nel 1988 sotto la direzione della Soprintendenza dalla ditta Benelli Lascialfari Villard, che ha eseguito opere di consolidamento e pulitura generale tramite impacchi; nel 1990-1991 Anton Sutter ha invece restaurato la fontana con un finanziamento del Lions Club Pisa Host. Nel 2021, dopo vent’anni di inattività, grazie al progetto «Pisa città d’acqua», nato dalla collaborazione tra Comune di Pisa, Pisamo e Acque Spa, la fontana è stata riattivata per restituirla alla cittadinanza.
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