Allestita dal 2021 fino a oggi sulla parete destra del corridoio al secondo piano di accesso allo scalone a due rampe del Palazzo della Carovana, l’opera (Collezione Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, inv. n. 633; ingresso nel museo nel 2006 per comodato della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato) esemplifica la rigorosa ricerca astratta di Esther Stocker, sviluppata dalla metà degli anni Novanta sulla percezione ottica della pittura. Si tratta di una tela di cotone di 140 x 160 cm, dipinta ad acrilico e intitolata secondo la serie a base annua “EST4_04”. Nata nel 1974 a Silandro (Bolzano), Stocker si è formata all’Accademia di Vienna, sotto il magistero di Eva Schlegel, che vi insegnava Arte e Fotografia. Il trattamento ottico dell’immagine tipico della tradizione inaugurata dal pittore tedesco Gerhard Richter ha lasciato tracce nel primo lavoro di Stocker, in alcuni suoi film dei primi anni Duemila e nell’adozione di una severa monocromia di bianco, nero e grigio. L’artista frequentò nel 1996 anche l’Accademia di Brera, dove le lezioni di Grazia Varisco, in particolare, introducevano ai testi della teoria della percezione e assicuravano continuità con la stagione cinetica e ‘optical’ degli anni Sessanta, dal Gruppo T e Gianni Colombo all’artista ungherese Dóra Maurer.
Pur nei risultati ottici, la pratica pittorica di Stocker non rinuncia a evidenziare la materialità del processo di esecuzione. La progettazione avviene su appunti e note di lavoro, ed è accompagnata da stimoli testuali afferenti alla filosofia della matematica e alla logica. L’artista individua un motivo geometrico tra le infinite variazioni della griglia ortogonale, che occupa interamente la tela, dai formati tipicamente superiori al metro e mezzo. La superficie viene poi lavorata con stesure di colore acrilico molto piatte, per le quali Stocker usa abbondantemente il nastro adesivo di carta come stencil, in modo da ottenere ‘in levare’ le spaziature vuote tra le campiture dipinte. Così, in Untitled resta un minimo ma netto dislivello di materia tra l’imprimitura bianca e l’acrilico nero. In un secondo momento dell’esecuzione è avvenuta la rottura dell’ordine geometrico, per cui in alcuni punti le linee deviano in scarabocchi più o meno ampi, zigzaganti e irregolari. La disposizione omogenea di questi tratti a mano libera è comunque attentamente calibrata, e talvolta è aggiustata e corretta.
Il quadro propone la sintesi di una riflessione sulle condizioni percettive e cognitive dell’osservatore. Commentando le sue operazioni di messa in dubbio della regolarità e sfruttamento dell’errore, Stocker ha ricordato in un’intervista del 2014: “Quando ho iniziato il mio lavoro, la griglia serviva come sistema d’ordine funzionale e comprensibile. Ma si dà anche il caso che la griglia possa essere motivo di confusione e disorientamento, la memoria può perdersi nell’uniformità”. Proprio nel 2004 Stocker ha iniziato a espandere i suoi interventi ottici a interi ambienti, in cui pareti, soffitto e pavimento di gallerie e musei sono stati percorsi da griglie o altri motivi in nastro adesivo. In questo senso, anche la tensione astratta di Untitled era pensata per estendersi virtualmente oltre i limiti del quadro, nello spazio della visione.
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