Martegani, La città che s’alza

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Amedeo Martegani

La città che s’alza

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Foto di Serge Domingie. ©️ Centro Pecci, Prato
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Amedeo Martegani, La città che s’alza, 1990. Pisa, Palazzo della Carovana, secondo piano, corridoio

Allestita dal 2012 al 2014 e poi di nuovo a partire dal 2021 nel corridoio al secondo piano di accesso allo scalone a due rampe del Palazzo della Carovana, l’olio su tela La città che s’alza (Collezione Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, inv. n. 37; ingresso nel museo nel 1991; in comproprietà con il Comune di Prato) è stato dipinto nel 1990 dall’artista milanese Amedeo Martegani. Allora nemmeno trentenne, Martegani (1963) si era avvicinato alle arti visive durante gli studi di architettura. Nel 1985, mosso da un forte scetticismo nei confronti dei luoghi e delle pratiche della più affermata scena contemporanea, espose i suoi primi lavori insieme a un gruppo di artisti coetanei in una fabbrica milanese dismessa e occupata, la Brown Boveri. Il gruppo, che pure non si configurò mai come tale, attirò l’attenzione di galleristi e critici milanesi come Giò Marconi e Corrado Levi, che cominciarono a sostenerne l’attività e le prime mostre.

Cinque anni più tardi, un’esposizione tenuta al Centro Pecci di Prato dal titolo Una scena emergente presentò il lavoro più recente di questi giovani artisti: con Martegani, tra gli altri, esposero anche Stefano Arienti e Mario Dellavedova. Comune a tutti era la libera esplorazione di formati, tecniche e materiali – dal dipinto alla fotografia, dal video al libro – nel tentativo di rendere impossibile una definizione univoca e precisa del mestiere d’artista. In questa occasione, La città che s’alza fu acquistata dal Centro Pecci per la collezione permanente del museo.

Martegani ha ricordato che le opere lì esposte erano state realizzate a partire da fonti fotografiche, riportate su tela alla sola luce di un proiettore di diapositive. Le fotografie di partenza, scelte in ragione di uno spunto improvviso o di una sintonia immediata, spaziano da un’Annunciazione di Paolo Veronese a un paesaggio del Cadore, da un San Sebastiano di Peter Paul Rubens a un ritratto fotografico di Mario Dellavedova. Anche La città che s’alza (70 x 90 cm) ha origine da uno scatto notturno in cui lo stesso Martegani ha inquadrato un raccordo della tangenziale di Milano. Il colore a olio, trascinato sulla tela da sinistra a destra con una rapida cadenza che assimila il pennello alla testina di una stampante ad aghi, forma un primo strato di lunghe pennellate nere. A queste si sovrappongono le accensioni delle luci urbane, tra arancioni caldi e verdi elettrici volutamente sfocati. Il titolo, con la sua scoperta allusione al quadro futurista di Umberto Boccioni La città che sale (1911), contraddice il percorso orizzontale delle pennellate e instilla nell’opera una nota di realismo quotidiano, evocando il risveglio dei lavoratori che nel buio affollano la tangenziale di Milano.

La città che s’alza è esemplare del lavoro di Martegani nel periodo di passaggio tra gli anni Ottanta e i Novanta, quando l’artista sembrava soprattutto interessato alle interferenze tra la propria pittura e alcune immagini già esistenti. La critica parlò di icone «fragili», individuando proprio nella fragilità dei soggetti un tema chiave nella riflessione dell’artista: nonostante questa debolezza dei contenuti, occorre però anche notare come il paesaggio, in quei primi anni della sua attività, ritornasse con insistenza tra i temi a lui più cari.

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